Investire in Africa non garantisce solo un ritorno economico, ma può portare anche ad aumentare la sicurezza nel continente: il messaggio è arrivato dal Forum Economico Mondiale (World Economic Forum) sull’Africa, che si è svolto dal 7 al 9 maggio ad Abuja, capitale della Nigeria ed è stato dedicato al tema “Plasmare una crescita inclusiva, creare posti di lavoro”. L’atmosfera del vertice è stata influenzata anche dall’apprensione per la sorte delle oltre 200 ragazze sequestrate dagli integralisti islamici del gruppo Boko Haram. Secondo uno dei partecipanti al meeting, il nigeriano Aliko Dangote, l’uomo più ricco del continente, proprio il lavoro è l’antidoto al terrorismo: “Vogliamo creare – ha spiegato dunque l’imprenditore – 180mila nuovi posti di lavoro in Nigeria”, ricordando che l’ambiente in Africa “è buono” per gli investimenti, e “noi [africani] dobbiamo solo diventare attivi”. Criticando la fuga di capitali dall’Africa, il cinquantasettenne uomo d’affari ha poi invitato i businessmen del continente “a impiegare il proprio denaro in Africa, e creare così fiducia tra gli stranieri, perché portino qui i loro capitali”. Da parte sua Dangote ha promesso investimenti per 12 miliardi di dollari nel suo paese natale e di altri 4 nel resto del continente.
Il ruolo della Cina. Tra gli oltre 100 delegati, provenienti da più di 80 Paesi, un ruolo da protagonista l’ha però svolto l’unico capo di governo non africano presente, il premier cinese Li Keqiang: da lui è arrivata la promessa di altri 10 miliardi di dollari per la cooperazione e gli investimenti, che si aggiungono ai 20 già stanziati da Pechino. Altri due miliardi andranno a rafforzare la dotazione del fondo Cina-Africa per lo sviluppo, e dieci milioni saranno destinati alla protezione della biodiversità e della fauna africane. Li Keqiang ha inoltre sottolineato come uno degli ostacoli alla crescita del continente siano le infrastrutture (per cui il Forum stima serviranno 93 miliardi di dollari l’anno solo in Africa Occidentale): c’è necessità, a suo parere, di una rete di strade e ferrovie che vada oltre le frontiere nazionali, così come di scali aerei regionali. Anche in questo ambito il premier cinese ha ribadito alle delegazioni africane il sostegno della Repubblica Popolare, che – ha spiegato con un evidente riferimento critico ai Paesi occidentali – non sarà mai legato “a condizioni politiche”. A favore di un maggiore coinvolgimento di Pechino si è pronunciata anche Ngozi Okonjo-Iweala, ministro nigeriano delle Finanze: “I Cinesi vogliono avere una relazione a lungo termine con noi – ha dichiarato con convinzione – e non vogliono solo sfruttare le nostre risorse naturali”, un’accusa che è stata spesso rivolta loro. “Certamente i cinesi hanno a cuore i loro interessi”, ha riconosciuto Okonjo-Iweala, dicendosi però convinta del fatto che “ora l’Africa è matura” per inserirsi da protagonista nell’economia mondiale.
Allarme disoccupazione. La preoccupazione più grande dei partecipanti al summit è stata però per il tasso di disoccupazione, che nel continente non accenna a scendere nonostante il prodotto interno lordo sia, percentualmente, in forte crescita da anni. Un esempio è proprio la Nigeria, dove, ha ricordato lo stesso presidente Goodluck Jonathan, circa il 24% della popolazione è senza lavoro, e si tratta principalmente di giovani intorno ai 20 anni. Entro il 2020, poi, circa altri 112 milioni di persone saranno entrate a far parte della forza-lavoro potenziale del continente, ha proseguito il capo di Stato, definendo la prospettiva “spaventosa” e “un grido d’allarme affinché tutti noi in Africa lavoriamo più duramente” per creare occupazione. Uno dei settori su cui puntare in questo senso potrebbe essere quello dell’agricoltura, considerato strategico dal presidente della banca Africana di Sviluppo, Donald Kaberuka, e dal ministro nigeriano competente, Akinwunmi Adesina. L’agricoltura, secondo Adesina, “ha tutto quel che serve per rendere inclusiva la crescita”, e “i leader africani dovrebbero fare leva sul settore privato” perché vi investa, oltre che trovare “denaro sui vari mercati nazionali del capitale” per sostenere il comparto, che – secondo i dati forniti durante il summit dall’economista Tony Elumelu – vale ancora il 40% del pil del continente.
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