di Umberto Sirio

“Per tutelare la democrazia” – ha dichiarato nei giorni scorsi all’Agenzia Fides padre Peter Watchasin, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Thailandia – “la via di uscita sono elezioni libere, trasparenti e pacifiche. Come cristiani sosteniamo questa ipotesi che ci sembra l’unica orientata al bene comune. Dopo anni di conflitto sociale e politico ci ritroviamo in un Paese spaccato in due, tra la popolazione urbana e quella rurale. Urge trovare forme e strade per ricostruire un’armonia che è fondamentale per il benessere e il futuro della nazione. Senza questa unità, tutti perdono: anche l’economia e il turismo ne risentono pesantemente, dunque il popolo thailandese ha tutto l’interesse a ritrovare un percorso di dialogo e confronto, per il bene del Paese”.

Una crisi che dura da mesi. La crisi della Thailandia – iniziata nel novembre scorso con grandi manifestazioni anti-governative, che chiedevano le dimissioni dell’ex premier, accusata di essere una marionetta di suo fratello Thaksin, deposto dai generali nel 2006 ed esiliato con l’accusa di corruzione – si è acuita con la decisione della Corte Costituzionale di destituire la premier Yingluck Shinawatra per abuso di potere: per i giudici, ha violato la legge ordinando tre anni fa il trasferimento dell’allora capo della sicurezza nazionale per permettere la promozione di un generale della polizia, suo parente. Sono stati anche rimossi nove ministri del Governo, perché implicati nel trasferimento illecito. Nuove elezioni sono previste per il 20 luglio, anche se la data non è stata ancora formalmente ufficializzata.

Le manifestazioni a Bangkok. Il leader della protesta ed ex premier, Suthep Thaugsuban, ha ingaggiato quella che egli stesso ha definito “battaglia finale” per rovesciare il Governo ad interim guidato dall’ex ministro del commercio, Niwattumrong Boonsongpaisan, considerato vicino all’ex premier e a suo fratello, che conserva ancora un forte potere di condizionamento sulla vita del Paese. Nei giorni scorsi, sono state occupate le cinque emittenti televisive più importanti della Thailandia e altri luoghi-chiave e si è operata una forma di pressione popolare sul Parlamento perché nomini al più presto un organismo governativo che promuova le riforme. “Non c’è capo del Governo, non c’è primo ministro ad interim, ce n’è solo uno facente funzione con scarso potere. È tempo, quindi, che il Parlamento ne nomini uno”, ha dichiarato Thaugsuban, che ha anche annunciato che la Commissione popolare per le riforme democratiche, da lui stesso presieduta, intende cambiare il Governo pacificamente entro tre giorni. Alla protesta degli anti-governativi si contrappone quella di coloro che sostengono l’ex premier, decisi ad impedire ogni tentativo di instaurare un nuovo Governo. L’alta probabilità di violenze di massa ha imposto la presenza di migliaia di agenti in assetto anti-sommossa per le strade della capitale.

 

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