Lo chiamano Terzo Settore, ma è il Primo. “Esiste un’Italia generosa e laboriosa che tutti i giorni opera silenziosamente per migliorare la qualità della vita delle persone. È l’Italia del volontariato, della cooperazione sociale, dell’associazionismo no-profit, delle fondazioni e delle imprese sociali. Lo chiamano terzo settore, ma in realtà è il primo”. Si apre così il testo predisposto dal Governo delle linee guida relative alla riforma quadro del Terzo Settore. Fino al 13 giugno, si potrà esprimere un’opinione sui principi della riforma inviando una email a terzosettorelavoltabuona@lavoro.gov.it. Mentre, è stato annunciato l’impegno a varare il disegno di legge delega entro il 27 giugno.
Un nuovo modello di servizio civile. Con la riforma nascerà un nuovo modello di servizio civile universale, “per la difesa della Patria”, che si affiancherà al servizio militare. Sarà aperto anche agli stranieri e per i primi tre anni potrà interessare sino a 100mila giovani di età compresa tra i 18 ed i 29 anni, che verranno impegnati per un periodo di otto mesi, prorogabili eventualmente per altri quattro.
Le novità della riforma. In estrema sintesi, le novità della riforma annunciata dal Governo, riguardano: la revisione delle norme di riferimento del codice civile del 1942; l’adeguamento della legge sul Volontariato e di quella sulle Associazioni di promozione sociale; il ripristino dell’Authority per il Terzo Settore, dopo la sua abrogazione decisa nel 2012; la rivisitazione del meccanismo del 5 per mille, con la dotazione di risorse cospicue (1,5 miliardi), che non avrà più un tetto massimo di spesa; il riordino delle forme di fiscalità di vantaggio; la separazione delle attività istituzionali da quelle a carattere economico.
Gli obiettivi principali. Il primo degli obiettivi del Governo è quello di “costruire un nuovo Welfare partecipativo, fondato su una governance sociale allargata alla partecipazione dei singoli, dei corpi intermedi e del Terzo Settore al processo decisionale e attuativo delle politiche sociali, al fine di ammodernare le modalità di organizzazione ed erogazione dei servizi del welfare, rimuovere le sperequazioni e ricomporre il rapporto tra Stato e cittadini, tra pubblico e privato, secondo principi di equità , efficienza e solidarietà’ sociale”. A quest’obiettivo, si aggiunge quello di “valorizzare lo straordinario potenziale di crescita e occupazione insito nell’economia sociale e nelle attività svolte dal Terso Settore”. Il terzo obiettivo della riforma “è di premiare in modo sistematico con adeguati incentivi e strumenti di sostegno tutti i comportamenti donativi o comunque prosociali dei cittadini e delle imprese, finalizzati a generare coesione e responsabilità sociale”. Ancora: la distinzione giuridica per “soggetti privati” che sono in realtà “pubblici per le finalità di utilità e promozione sociale che perseguono”, delineando chiaramente “i confini tra volontariato e cooperazione sociale, tra associazionismo di promozione sociale e impresa sociale”; la valorizzazione del principio di sussidiarietà “verticale e orizzontale”, “per porre fine agli sprechi generati dall’azione diretta del pubblico nel sociale muovendo verso nuovi modelli di assistenza in cui l’azione pubblica sia affiancata dall’autonoma iniziativa dei cittadini”; “dare stabilità e ampliare le forme di sostegno economico, pubblico e privato, degli enti del Terzo Settore, assicurando la trasparenza, eliminando contraddizioni e ambiguità e fugando i rischi di elusione”.
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