Umberto Sirio
Sono in corso nella capitale austriaca, i colloqui tra la delegazione iraniana, presieduta dal ministro degli Esteri, Mohammad Javad Zarif, la responsabile della politica estera dell’Unione europea, Catherine Ashton e i rappresentanti di Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania, per tentare di rendere definitivi gli accordi provvisori sul nucleare iraniano raggiunti a Ginevra nello scorso mese di gennaio. “Malgrado le difficoltà, l’Iran è determinata a raggiungere un accordo con le sei potenze, sul suo programma nucleare entro la scadenza del 20 luglio” ha dichiarato il vice ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araqchi, aggiungendo l’augurio che ci sia “una buona volontà e una reale volontà politica”.
Le sanzioni. Dopo Ginevra, i sei Paesi firmatari dell’accordo si erano impegnati a sospendere una parte delle sanzioni imposte all’Iran, in cambio del ridimensionamento di alcuni aspetti delle sue attività nucleari. Le sanzioni sono cominciate nel 1979 e attuate dagli Stati Uniti dopo l’occupazione e il sequestro dell’ambasciata americana. Dal 2000, agli Usa si è unita la comunità internazionale e l’Onu, con una serie di sanzioni in risposta alla scarsa collaborazione prestata dall’Iran all’Agenzia Onu per l’energia atomica (Aiea). Nel 2006 e nel 2012 le sanzioni sono state accresciute. Sebbene esse mirino anzitutto a colpire la tecnologia nucleare, l’esportazione di armi, i conti bancari di persone o le organizzazioni legate al nucleare, le loro conseguenze stanno creando effetti disastrosi sulla popolazione, tanto da far parlare di una vera e propria “crisi umanitaria”. Così la definisce, padre Bernardo Cervellera, in un articolo che compare su Asia News. “Le ultime sanzioni sulla vendita del petrolio (accolte anche dall’Unione europea), sul trasporto di container, sulle assicurazioni navali, insieme al blocco delle transazioni finanziarie e bancarie – scrive Cervellera – hanno prostrato l’economia del Paese, rendendo impossibile per gli iraniani procurarsi cibi, medicine, tecnologie mediche e altri beni. Da un punto di vista formale le sanzioni dell’Onu, dell’Ue, degli Usa non colpiscono l’importazione di beni a carattere umanitario, ma il loro risultato è un’acuta carenza di medicine, trattamenti per malattie specifiche, beni e servizi come il gas di città”.
Le conseguenze: l’inquinamento e l’aumento dei casi di cancro. Fra le sanzioni della Ue, vi è il blocco delle esportazioni verso l’Iran di tecnologia e componenti per la raffinazione e l’estrazione di gas naturale; anche gli Usa praticano il blocco degli investimenti nel settore petrolifero e gasifero iraniano. Ai tempi di Ahmadinejad, per ovviare a questo inconveniente, si è deciso di usare gas prodotto da idrocarburi invece che il gas di città (impossibile da importare o estrarre). Ma i gas da idrocarburi sono altamente velenosi. Secondo alcuni centri di immunologia, in Iran vi sono almeno 250mila morti l’anno per asma; i malati sono 7,5 milioni e a Teheran, gli affetti da questa malattia sono il 35% della popolazione. I casi di cancro sono 85mila all’anno. Dal 2000 al 2011 vi è stato un incremento del 181% dei malati. Tutto questo accade mentre l’economia del Paese è allo stremo. Il tasso di disoccupazione, a seconda delle fonti, oscilla fra il 15 e il 18 per cento, mentre l’inflazione galoppa al 40%. Secondo le stime, 15 milioni di persone vivrebbero sotto la soglia della povertà.