Di Salvatore Cernunzio da Zenit
Entrano mano nella mano Papa Francesco e il Patriarca Bartolomeo nella Basilica del Santo Sepolcro. In quella stretta di mano ci sono 1500 anni di storia e le vicende di due fratelli figli dello stesso Padre inseguitisi per secoli tra incomprensioni e riconciliazioni. L’ultima pacificazione avvenuta proprio 50 anni fa, con lo storico abbraccio tra Paolo VI e Athenagora che ha segnato la fine delle reciproche scomuniche.
A caricare di emozione un evento già di per sé storico è la cornice dell’incontro: il Santo Sepolcro, il luogo nel quale i cristiani leggono la risurrezione di Gesù; il luogo in cui conferiscono tutte le chiese e le comunità cristiane. Il luogo dove i fedeli hanno pregato l’uno accanto all’altro o, a volte, l’uno contro l’altro. Il luogo che, secondo diverse tradizioni antiche, è “centro e ombelico del mondo”.
L’incontro tra i Successori degli Apostoli Pietro e Andrea avviene al centro della piazza Il Papa entra dalla Porta del Muristan, il Patriarca invece dalla Porta di S. Elena. L’abbraccio fraterno è immortalato dalle dirette televisive e dai fotografi di tutto il mondo, mentre le campane suonano a festa.
Francesco e Bartolomeo poi entrano insieme nella Basilica, in penombra, cadenzati da un canto greco di accoglienza. Sempre insieme si inginocchiano per venerare la “Pietra dell’unzione”, alla sinistra delle rocce identificate col Calvario. Anche questo un luogo intriso di storia, fede e simboli: una reliquia della Passione di Cristo, dove, per la tradizione, il corpo morto del Figlio di Dio fu adagiato per essere preparato alla sepoltura.
Il Papa e il Patriarca si chinano e baciano la Pietra. Bartolomeo solleva il capo per primo; il Papa si sofferma qualche istante di più, poi alza la testa, si leva lo zucchetto, e si raccoglie in un’intima orazione che, seppur duri pochi istanti, lo assorbe totalmente.
Prima di loro sono i tre Superiori delle Comunità dello “Statu quo” (Greco-Ortodossa, Francescana ed Armena Apostolica) a venerare la reliquia: il Patriarca Greco-Ortodosso di Gerusalemme, Theophilos III; il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, OFM, ed il Patriarca Armeno Apostolico, Nourhan.
Tutti procedono verso il “Coro dei Francescani”, di fronte all’Edicola del Santo Sepolcro dove vengono poi accompagnati il Santo Padre e il Patriarca per sedersi su due sedie rosse vicine e dare il via alla Celebrazione ecumenica dei Vespri.
Alla funzione – introdotta dalle parole di accoglienza di Theophilos III – partecipano gli Ordinari Cattolici di Terra Santa, l’Arcivescovo copto, l’Arcivescovo siriaco, l’Arcivescovo etiopico, il Vescovo anglicano, il Vescovo luterano e altri Vescovi.
Viene poi cantato l’Alleluja e proclamato il Vangelo della Risurrezione. Seguono i rispettivi discorsi del Patriarca Bartolomeo e di Papa Francesco: in inglese il primo, in italiano il secondo. Due lingue diverse, ma un messaggio identico e un comune obiettivo: rinsaldare l’amore fraterno al di là delle divisioni che, nonostante i passi avanti, continuano a permanere. Bartolomeo parla deciso, Francesco quasi sussurra.
Al termine di ciascun intervento, i rappresentanti delle due “Chiese sorelle” replicano la scena dell’abbraccio amorevole. In un momento di commozione, il Pontefice addirittura si piega e bacia la mano del Patriarca. Gesti forti, non scontati. Un altro di questi è la preghiera comune del “Padre Nostro”, in italiano; dopodiché entrambi si recano verso la tomba vuota.
Ancora mano per mano, si chinano insieme per passare nella porta stretta del sepolcro e si inginocchiano per pregare lì dove Cristo è risuscitato, stretti con le mani giunte su quella tomba di un morto che continua a dare la vita per il mondo.
Dopo l’uscita del Papa e del Patriarca Ecumenico, le Delegazioni e le Personalità invitate si dirigono ai piedi del Patriarcato Latino per la cena. La giornata si conclude con i due “fratelli” che si ritirano viaggiando nella stessa vettura, forti della comune preghiera e della consapevolezza di perseguire la medesima strada.
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