Da Zenit di Luca Marcolivio
Pietro e Andrea si sono ritrovati e il loro incontro è “fonte di gioia immensa” che “offre l’opportunità di riflettere sulla profondità e sull’autenticità dei legami” esistenti tra le Chiese di Roma e di Costantinopoli, “frutto di un cammino pieno di grazia lungo il quale il Signore ci ha guidato, a partire da quel giorno benedetto di cinquant’anni fa”.
Così si esprime nelle sue prime battute la Dichiarazione Congiunta di papa Francesco e del patriarca ecumenico Bartolomeo, firmata oggi pomeriggio presso la Delegazione Apostolica di Gerusalemme, dove il Santo Padre è stato accolto poco prima delle 18.30, accolto dal delegato apostolico in Gerusalemme e Palestina, monsignor Giuseppe Lazzarotto.
All’incontro tra Francesco e Bartolomeo hanno preso parte anche i cardinali Pietro Parolin, Segretario di Stato, e Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani.
Rievocando l’incontro dei loro predecessori Paolo VI e Atenagora (1964), il Papa e il Patriarca hanno riconosciuto i notevoli progressi nel cammino ecumenico fatti in questo mezzo secolo: “Pienamente consapevoli di non avere raggiunto l’obiettivo della piena comunione, oggi ribadiamo il nostro impegno a continuare a camminare insieme verso l’unità per la quale Cristo Signore ha pregato il Padre, “perché tutti siano una sola cosa” (Gv 17,21)”.
Preso atto che l’unità tra i cristiani “si manifesta nell’amore di Dio e nell’amore del prossimo, aneliamo al giorno in cui finalmente parteciperemo insieme al banchetto eucaristico”, hanno dichiarato Francesco e Bartolomeo.
Tale dono si potrà ricevere “secondo l’insegnamento di Sant’Ireneo di Lione, attraverso la professione dell’unica fede, la preghiera costante, la conversione interiore, il rinnovamento di vita e il dialogo fraterno”.
Il cammino ecumenico realizzatosi fino ad oggi non è “mero esercizio teorico” ma “un esercizio nella verità e nella carità, che richiede una sempre più profonda conoscenza delle tradizioni gli uni degli altri, per comprenderle e per apprendere da esse”.
Il dialogo teologico, affermano il Papa e il Patriarca di Costantinopoli, non deve limitarsi alla ricerca di un “minimo comune denominatore sul quale raggiungere un compromesso” ma deve, al contrario, approfondire “la verità tutta intera che Cristo ha donato alla sua Chiesa e che, mossi dallo Spirito Santo, non cessiamo mai di comprendere meglio”.
Inoltre il dialogo, lungi da allontanare i credenti dalla verità, “attraverso uno scambio di doni, ci condurrà, sotto la guida dello Spirito, a tutta la verità”.
Non essendosi ancora realizzata la “piena comunione”, cattolici ed ortodossi hanno “il dovere di offrire una testimonianza comune all’amore di Dio verso tutti, collaborando nel servizio all’umanità, specialmente per quanto riguarda la difesa della dignità della persona umana in ogni fase della vita e della santità della famiglia basata sul matrimonio, la promozione della pace e del bene comune, la risposta alle miserie che continuano ad affliggere il nostro mondo”.
La dichiarazione riconosce la necessità di affrontare “costantemente”, temi come “la fame, l’indigenza, l’analfabetismo, la non equa distribuzione dei beni” e la costruzione di “una società giusta ed umana, nella quale nessuno si senta escluso o emarginato”.
Francesco e Bartolomeo prendono poi atto che “il futuro della famiglia umana dipende anche da come sapremo custodire, in modo saggio ed amorevole, con giustizia ed equità, il dono della creazione affidatoci da Dio”.
“Pentiti”, riconoscono, dunque, “l’ingiusto sfruttamento del nostro pianeta, che costituisce un peccato davanti agli occhi di Dio” ed invitano a “rispettare la creazione e salvaguardarla con cura”, attraverso “modi in cui vivere con minore spreco e maggiore sobrietà, manifestando minore avidità e maggiore generosità per la protezione del mondo di Dio e per il bene del suo popolo”.
Altro punto affrontato è quello della libertà religiosa, del “diritto ad esprimere pubblicamente la propria fede e ad essere trattati con equità quando si intende promuovere il contributo che il Cristianesimo continua ad offrire alla società e alla cultura contemporanee”, con l’incoraggiamento a “promuovere un autentico dialogo con l’Ebraismo, con l’Islam e con le altre tradizioni religiose”, evitando la “indifferenza” e la “reciproca ignoranza” che possono solo condurre alla “diffidenza” e “persino al conflitto”.
Una “comune profonda preoccupazione” viene espressa per la “situazione dei cristiani in Medio Oriente e per il loro diritto a rimanere cittadini a pieno titolo delle loro patrie”, con particolare riferimento “per le Chiese in Egitto, in Siria e in Iraq che hanno sofferto molto duramente a causa di eventi recenti”.
A tal proposito, il Papa e il Patriarca incoraggiano “tutte le parti, indipendentemente dalle loro convinzioni religiose, a continuare a lavorare per la riconciliazione e per il giusto riconoscimento dei diritti dei popoli”, nella convinzione che “non le armi, ma il dialogo, il perdono e la riconciliazione sono gli unici strumenti possibili per conseguire la pace”.
Lo smarrimento di tanti uomini e donne dinnanzi alla “violenza”, alla “indifferenza” e all’“egoismo”, potrà essere contrastato soltanto con “la testimonianza comune della lieta notizia del Vangelo” ai fini di riportare “l’uomo del nostro tempo a ritrovare la strada che lo conduce alla verità, alla giustizia e alla pace”.
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Testo integrale della Dichiarazione Congiunta: http://www.zenit.org/it/articles/perche-tutti-siano-una-cosa-sola
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