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Gli antichi giardini di Grottammare: quelli del “Vecchio Incasato” e della “Marina”

GROTTAMMARE – Chi ha qualche anno in più ricorda di aver giocato nelle vie di Grottammare, da piccolo, quando ancora circolavano pochissime auto e di aver frequentato gli antichi giardinetti che cingevano le case. Questi antichi spazi verdi della marina di Grottammare non erano eleganti e raffinati come questi moderni. Ancora la società non era stata invasa dalla cultura florovivaistica olandese, diffusasi anche tramite cataloghi di corrispondenza postale. Tale industria – peraltro eccellente sotto tutti gli aspetti, sia qualitativi, che quantitativi – è però responsabile di aver fatto diminuire notevolmente le specie floreali tradizionalmente coltivate da secoli nei nostri borghi, tramandate di generazione in generazione, soprattutto grazie alle donne gentili di ogni tempo, che se ne circondavano. Anticamente esistevano delle differenze che oggi ci fanno sorridere: per esempio a Grottammare un conto erano i “Giardini della marina” e un altro quelli del “Vecchio Incasato”. Vediamo con gli occhi dei ricordi un tipico giardinetto della marina. Spazioso e rustico, aveva dei vialetti di ghiaia e anche aiuole calpestabili. Tra i fiori primaverili c’erano le immancabili Calle bianche ( Zantedeschia aethiopica ). I Rosai a cespuglio o le roselline rampicanti ( Rosa tea, Polyanta rifiorenti; Multiflora rifiorenti, Rosa banksiae ecc.) di solito color bianco-giallino. Le Margherite bianche o gialle ( Leucanthemum vulgare, Chrysanthemum frutescens) i Bocca-di-Leone (Antirrhinum) o Bocca-di-Lupo, gli imponenti cespugli di Violacciocche colorate ( Matthiola inacana, annua) viola, bianche, azzurre, ma soprattutto gialle. Della matthiola incana bisogna dire che è una specie indigena comune sui muri e sulle rupi, tipica degli anfratti tra i mattoni, delle vecchie muraglie di cinta dei borghi. Il suo colore più tipico è il porporino-violetto o il giallo, caratteristico quest’ultimo del paese alto di Grottammare, che fioriva a Pasqua e veniva anche chiamato “Violacciocca Quarantina” ( o della Quaresima). Sul tappeto verde di prato rustico e nelle aiuole avremmo trovato odorosissime Violette di sottobosco o “mammole” ( Viola odorata), forse ancora qualche Ciclamino invernale ( Cyclamen persicum). Le eleganti Zinnie, le Petunie rustiche, le raggiate Dalie, le profumatissime fresie gialle occhieggiavano qua e là, insieme ai calici dei gialli narcisi, dei tulipani variopinti e dei gigli di campo. Tra le piante rampicanti che coprivano le semplici reti di recinzione c’era il profumatissimo Gelsomino comune (Jasminum officinalis), la passiflora ( Passiflora cerulea), che merita un cenno particolare. Ai bimbi veniva infatti narrato che questa pianta cresceva ai piedi della Croce di Cristo e venne bagnata dal suo sangue. Il suo grande fiore rappresenta ancor oggi la Corona di spine, i pistilli i quattro chiodi che trafissero Gesù e così via proseguendo con tutti gli altri simboli della passione ( il martello, le tenaglie, la fune ecc.). Naturalmente questo racconto popolare contribuì senz’altro ad avvolgere la passiflora di un alone di rispetto e mistero e veniva considerato peccato cogliere i suoi fiori. Nella vecchia canonica di S.Agostino vi era piantata un’alta passiflora, come sovente accadeva in quasi tutte le case canoniche di un tempo. Altra pianta rampicante comune era il cosiddetto volgarmente “Albero del pane”, dai grossi frutti verdi e ovali avvolti da peluria, che i bambini di tanti anni fa mangiavamo con gusto, anche se il sapore era abbastanza insipido. Comunissimi dappertutto i fiorellini violacei detti: “pane e vino”, i cui steli sempre i bambini succhiavano credendo di bere- dall’acidulo succo- autentico vino! Altro tipo di fiori selvatici che potevano essere ospitati nei giardini della marina di Grottammare erano i cosiddetti “Nontiscordardimè” anche chiamati “Occhi della Madonna”, quei deliziosi fiorellini azzurri, delicatissimi che assomigliano ad un’iride umana cerulea, che appena colti, cadono, quasi a voler dire che i fiori di campo vanno lasciati dove sono. ( Continua )

Susanna Faviani: Giornalista pubblicista dal '98 , ha scritto sul Corriere Adriatico per 10 anni, su l'Osservatore Romano , organo di stampa della Santa Sede per 5 anni e dal 2008 ad oggi scrive su L'Avvenire, quotidiano della CEI. E' Docente di Arte nella scuola secondaria di primo grado di Grottammare.