L’iniziativa dei cittadini europei “Uno Di Noi”, per la quale sono state raccolte quasi due milioni di firme nei 28 Stati dell’Unione, è stata oggi bruscamente “stoppata” dalla Commissione europea. Essa chiedeva di interrompere i finanziamenti alle attività che implicano la distruzione di embrioni umani, nella ricerca, negli aiuti allo sviluppo e nel campo della salute pubblica. Nonostante la valanga di firme raccolte (oltre 600mila solo in Italia) il responso della Commissione è stato invece contrario, sostenendo che il Parlamento ha discusso e deciso la politica della Ue in questo campo solo recentemente. Naturale la delusione e l’indignazione del comitato europeo che ha promosso l’iniziativa. Il Sir ha intervistato il responsabile europeo della campagna, Gregor Puppinck, direttore del Centro europeo per la legge e la giustizia a Strasburgo.
Vi attendevate un “veto” sull’iniziativa “Uno Di Noi”?
“No, sono stupefatto per questo veto. Mi auguravo che la Commissione europea rispettasse il meccanismo di democrazia partecipativa e non sbarrasse la strada alla più grande iniziativa pubblica dei cittadini europei sinora condotta. Sono stupito dall’atteggiamento della Commissione che delibera insieme come ‘giudice’ e come ‘parte in causa’. È vero che la nostra iniziativa politica conteneva una critica, soprattutto per il fatto che viene finanziato l’aborto anche nei Paesi in cui è una pratica vietata. A questo punto vogliamo che la questione sia esposta pubblicamente e discussa in Parlamento. La Commissione di fatto ha scelto di erigere una ‘diga’ nel desiderio di difendere la propria politica e conservare il monopolio del potere di iniziativa”.
Perché affermate che la Commissione ha esercitato il suo veto in modo illegittimo?
“Il potere di valutare l’opportunità politica della nostra iniziativa appartiene al legislatore europeo, cioè al Parlamento e al Consiglio; non alla Commissione che è l’organo esecutivo dell’Unione europea. Il potere della Commissione, se rispetta la democrazia partecipativa, è limitato, da un lato, al controllo a priori del rispetto del Trattato per le ‘iniziative’ – come in questo caso – e in secondo luogo da una verifica del successo o meno nella raccolta delle firme. Dal momento in cui una iniziativa rispetta il Trattato e ottiene il sostegno popolare necessario, la Commissione non può legittimamente impedirne la discussione in Parlamento. Ciò è abusivo”.
Inoltre, aggiungete che la scelta di porre il veto è “ingiustificata”: come mai?
“La Commissione non ha risposto alla grave accusa che abbiamo avanzato, vale a dire il fatto che essa finanzia e promuove aborti nell’ambito delle sue politiche di aiuto allo sviluppo, anche in Paesi che vietano l’aborto”.
Perché dite che la Commissione europea vuole difendere un suo “privilegio”?
“Lo scopo del meccanismo di ‘iniziativa dei cittadini’ consisteva, per i parlamentari che lo hanno creato, di ridurre il monopolio del potere di iniziativa legislativa della Commissione, consentendo anche ai cittadini di esercitarlo. Con la scelta odierna di fare ostruzione la Commissione difende quindi il suo privilegio e vuole configurarsi come il passaggio obbligato per i cittadini. Con ciò eliminando ogni utilità per il meccanismo stesso e facendo una caricatura della democrazia partecipativa”.
Sostenete ancora che si tratta di una scelta “ipocrita” e “sprezzante”: ritenete che sia basata su un pregiudizio di tipo politico, ideologico o religioso?
“Sì, vi è principalmente un pregiudizio politico, e industriale. La Commissione europea considera tutte le cose solo da un punto di vista economico. Per essa, l’uso industriale di embrioni umani è un bene per l’industria biotech; l’aborto e il controllo della popolazione nei paesi poveri rappresentano un bene per i consumi elettrici e per l’economia. Non riflette ulteriormente. Non è animata da principi etici, né democratici, ma unicamente economici”.
La raccolta firme per “Uno Di Noi” è stata quindi inutile?
“Se l’intento era questo, già due anni fa la Commissione avrebbe dovuto comunicarcelo quando abbiamo avviato l’iniziativa. Con un tale potere di veto ‘politico’, di certo l’insieme del meccanismo di ‘iniziativa dei cittadini’ perde la sua ragione d’essere. Quindi, sì, è uno spreco di energie e anche un ‘inganno’ dal punto di vista democratico. Ma i sostenitori della campagna ora sono più numerosi, consapevoli e meglio organizzati. E ciò non è uno ‘spreco’ per la società civile, ma lo è solo per le istituzioni europee”.
Come si potrebbe uscire da questa situazione di veto?
“Da parte nostra intendiamo continuare a lavorare col Parlamento europeo appena eletto, oltre che con la futura Commissione, ed eventualmente ricorreremo alla Corte di giustizia del Lussemburgo. Il nostro impegno è e rimane quello di testimoniare l’umanità e la dignità della vita umana e non accetteremo di essere ridotti al silenzio a seguito di una decisione arbitraria”.