Di Luigi Crimella
Dalle unioni civili gay alla legge sull’omofobia: lascia o raddoppia? La risposta per questa estate dovrebbe essere “raddoppia”, nel senso che, come durante l’estate 2013, la battaglia tra i sostenitori e i contrari alla legge sull’omofobia si scatenò sui giornali e nei talk-show televisivi proprio nei mesi del solleone, riempiendo pagine e pagine di interventi, l’estate 2014 molto probabilmente vedrà il “raddoppio” delle diatribe politiche. Questa volta infatti, oltre a una ripresa del tema dell’omofobia, la cui legge è ferma al Senato dopo essere stata approvata alla Camera il 19 settembre 2013, è prevedibile che i dibattiti sotto l’ombrellone riguarderanno la proposta di legge annunciata dal Governo Renzi sulle “unioni civili gay”, per la quale lo stesso premier ha speso parole impegnative parlando di approvazione entro settembre. Ha suscitato infatti una notevole sorpresa l’enfasi con cui il quotidiano “L’Unità” lunedì 16 giugno ha presentato in prima e a tutta pagina la “notizia” del lancio della proposta di legge su tali “unioni”. Già il titolo secco e affermativo, “Unioni gay, ecco la legge”, dimostrava la sostanziale certezza del partito di maggioranza relativa sull’esito dei giochi. E poi il sottotitolo che spiega: “il modello è quello in uso in Gran Bretagna e Germania”. Come dire che siamo in buona compagnia e tali modelli hanno mostrato di funzionare bene.
Cosa prevede la proposta del Pd. Quali sono i termini di queste “unioni civili”, cioè la risposta alla richiesta di matrimoni gay da parte del Partito democratico a guida Renzi? Anzitutto l’affermazione di principio, che “alle unioni civili tra persone dello stesso sesso si applicano tutte le disposizioni previste per il matrimonio”, escluso il diritto di poter adottare. Questo – dice “L’Unità” – è il principio fondamentale che regolerà i rapporti tra persone omosessuali. La coppia di gay che decide di “sposarsi” si potrà iscrivere al proprio ufficio di stato civile in un apposito registro delle unioni civili. Da quel momento i due saranno una “coppia ufficiale” con tutti i diritti e i doveri simili a una coppia eterosessuale unita in matrimonio. Previsti il diritto alla reversibilità della pensione in caso di decesso del partner; alla successione e anche in materia di assistenza sanitaria e penitenziaria, oltre alla possibilità di poter partecipare in quanto coppia a bandi di assegnazione di case popolari. La proposta Pd prevede, però, una differenza sostanziale rispetto al matrimonio: le unioni civili infatti non daranno il diritto di adottare bambini, anche se uno dei soggetti della coppia gay potrà comunque adottare il figlio, anche adottivo, dell’altra parte. Siccome il premier Renzi si è recentemente espresso in favore dell’adozione del “quoziente familiare”, battaglia portata avanti in particolare da associazioni cattoliche per la famiglia, la proposta Pd prevede che tale “quoziente” riguarderà anche le future unioni civili. Quindi ci sarà la totale equiparazione fiscale tra il matrimonio e il nuovo istituto giuridico che regolerà le coppie gay.
Legge sull’omofobia e rischi per la libertà di opinione. Ma accanto a questo provvedimento, come si diceva all’inizio, giace anche l’altro grande tema caro al mondo omosessuale: vale a dire le “Disposizioni in materia di contrasto all’omofobia e della transfobia”, approvato alla Camera il 19 settembre scorso con 228 voti a favore e 57 contrari (108 astenuti). Il tema dell’omofobia e della legge inerente suscitò (e continua a suscitare) forti preoccupazioni per i rischi che si leda il grande e sostanziale diritto alla libertà di opinione. Infatti il testo approvato (per ora solo un da ramo del Parlamento) prevede che la “pena sia aumentata fino alla metà” quando azioni, parole o comportamenti ritenuti “omofobi” siano posti in atto per evidenti finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso. È vero che nel testo è prevista una scriminante che afferma che non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione la libera espressione di convincimenti ed opinioni riconducibili al pluralismo delle idee. Ma resta il fatto che se tale legge dovesse passare, un parroco o un catechista qualsiasi potrebbero incorrere nella denuncia di “omofobia”, semplicemente esponendo cosa la Bibbia dice a proposito della omosessualità. Per questo è prevedibile che il dibattito, in Parlamento e anche nella opinione pubblica, sua questi due temi sarà molto vivace. A meno che non lo si voglia appositamente “silenziare”, per iniziare a incassare – su entrambe le leggi – un primo risultato seppure transitorio, e passare poi, a giochi fatti, alla fase 2, cioè quella di ottenere il vero e proprio “matrimonio gay” insieme a una legge anti-omofobia ancor più severa.
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