Di Emanuela Vinai
L’orco è in Rete e riesce a molestare le sue vittime senza muoversi dal suo pc. I predatori sono anonimi e sanno di essere al sicuro, nascondendosi dietro pseudonimi, pagando con carte prepagate non rintracciabili e connettendosi da molto lontano. Cercano i bambini sui social network, nelle chat room, sui siti d’incontri. Nulla li ferma. Contro la pedofilia telematica le armi usuali a diposizione si rivelano piuttosto spuntate e i criminali la fanno spesso franca, così entra in campo la tecnologia, con risultati sorprendenti.
Una campagna sociale di successo. L’ultima nata si chiama Sweetie, ed è la bambina avatar protagonista della campagna omonima realizzata da Terre des Hommes Olanda, con l’agenzia Lemz di Amsterdam, per la lotta al turismo sessuale minorile via webcam. La simulazione è così verosimile che grazie a questa bambina virtuale, cui è stato scelto di attribuire circa 10 anni di età e la nazionalità filippina, nel 2013 in meno di due mesi e mezzo è stato possibile identificare oltre mille adulti pronti a pagare bambini nei paesi in via di sviluppo per prestazioni sessuali davanti a una webcam. Se a qualcuno venisse l’insano dubbio che sia meno grave limitarsi a guardare piuttosto che ricorrere a violenze fisiche reali, segnaliamo che l’abuso via webcam può devastare la psiche delle bambine e dei bambini in modo analogo a un abuso fisico. Le vittime hanno sintomi di stress post-traumatico, pesanti sensi di colpa per ciò che fanno, soffrono di mancanza d’autostima e depressione, mettono in pratica comportamenti autodistruttivi usando droghe e/o alcool per stordirsi e trovare una via di fuga dai loro problemi.
Una forma di sfruttamento. Su base giornaliera, decine di migliaia di uomini (per lo più occidentali) usano comodamente le loro webcam per vedere bambini costretti a compiere atti sessuali. Nonostante questa forma di sfruttamento sia vietata da decine di leggi internazionali e nazionali di quasi tutti i Paesi, le stesse normative sono raramente applicate, perché le vittime, i bambini, non denunciano questi crimini alla polizia. Il video è su YouTube (www.youtube.com/user/sweetie) ed è stato pubblicato in varie lingue. Dallo scorso novembre, quando è stato lanciata, la campagna ha ottenuto oltre un miliardo di visualizzazioni e ha vinto uno dei Gold Cannes Lions della pubblicità nella categoria Promo & Activation. Soprattutto ha dimostrato l’efficacia di questa tecnica d’investigazione per fermare i pedofili. Sulla base delle prove raccolte grazie a Sweetie, in Paesi come il Regno Unito, Stati Uniti, Australia, Irlanda, Belgio e Sud Africa è stato possibile per la polizia arrestare molti pedofili che si muovevano indisturbati online. Prima del rilascio di questa campagna, solo sei persone in tutto il mondo erano stati giudicati colpevoli di questo crimine. Scorrendo le immagini del filmato fa una certa impressione la rapidità e la voracità con cui, una volta reso accessibile nelle chat online pubbliche il profilo della bimba virtuale, la pagina dei contatti letteralmente esplode, sommersa di richieste sempre più spinte da ogni parte del mondo.
Non serve viaggiare per fare il male. L’Onu e l’Fbi stimano che 750mila pedofili siano online quotidianamente. E’ facile intuire che poiché la domanda globale è così grande e l’accesso a Internet è sempre più economico e più accessibile nei paesi in via di sviluppo, deve essere attuato un intervento immediato prima che sia troppo tardi. Prima che si mietano sempre più vittime in un mondo diventato improvvisamente piccolo, così connesso che non serve nemmeno viaggiare per fare del male. Se prendere i colpevoli è una cosa fattibile, allora la pedofilia online può essere arginata. Anche grazie a una bambina che non esiste, ma che vendica tutti quelli che non hanno voce.
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