Di Maria Chiara Biagioni
Un caso che ha gettato sulla Francia un’ombra cupa di dolore e d’impotenza. Dopo due anni di un complicato iter giudiziario, i 17 giudici del Consiglio di Stato – la più alta istanza dell’amministrazione giudiziaria francese – hanno deciso di arrestare l’alimentazione e l’idratazione artificiali per Vincent Lambert. La Francia, dunque, sembra decisa ad aprire un varco all’eutanasia. Ma ieri in tarda serata, è giunta la notizia che la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha chiesto con urgenza il mantenimento in vita di Vincent Lambert. Erano stati i genitori dell’uomo a fare ricorso alla Corte europea di Strasburgo. In una lettera indirizzata al governo francese e trasmessa all’agenzia France Presse dagli avvocati dei genitori del paziente, la Corte ha chiesto alla Francia di non procedere “momentaneamente” alla sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione per dare tempo alla Corte di esaminare il caso.
La storia. L’uomo di 39 anni si trova in stato vegetativo da sei. Nel 2008 fu vittima di un incidente d’auto dal quale ne uscì tetraplegico. Da quel momento, è ricoverato nell’ospedale di Reims, in quello che viene definito uno stato di coscienza minima, giudicato irreversibile da diverse perizie mediche. Sul suo caso, la famiglia si è purtroppo dimostrata divisa: da una parte la moglie di Vincent, Rachel Lambert, che con i fratelli e le sorelle del marito, si è sempre dichiarata favorevole a un’interruzione dell’alimentazione. Dall’altra i genitori di Vincent che si sono invece sempre battuti per il mantenimento dell’alimentazione. Lo scorso 28 gennaio la moglie di Lambert si è rivolta al Consiglio di Stato. I giudici hanno constatato che “il paziente è affetto da lesioni celebrali serie e irreversibili” ed hanno preso in considerazione anche il fatto che Vincent Lambert prima dell’incidente avesse “chiaramente e più volte espresso il desiderio di non essere artificialmente mantenuto in vita, in caso si fosse trovato in uno stato di grande dipendenza”.
La voce delle famiglie. Il caso Lambert lascia in Francia un seguito di polemiche e motivi di preoccupazione per il futuro. Le più allarmate sono le Associazioni delle famiglie dei traumatizzati cranici e cerebrolesi (Unaftc). Temono, infatti, che il caso Lambert possa avere conseguenze anche sul destino dei 1.700 pazienti che in Francia si trovano nelle sue stesse condizioni. Il presidente dell’Unione, Emeric Guillermou, tiene a precisare che “le persone in stato vegetativo cronico non sono in fin di vita. Sono persone con grandi handicap, in situazione di dipendenza estrema, privi dei mezzi convenzionali di comunicazione”. Riguardo quindi all’alimentazione e all’idratazione artificiali, le famiglie ritengono che “il livello di coscienza non può da solo motivare la messa in atto di una procedura di arresto di trattamento”.
Le testimonianze sono toccanti: molto diverse tra loro, hanno un filo che le accomuna: a un certo punto la vita di un’intera famiglia si spezza alla notizia di un familiare che è caduto vittima di un incidente. Basta una telefonata, una comunicazione delle forze dell’ordine per cadere in un abisso di dolore. “Una sera il telefono squilla – racconta Francoise Angles – ‘Vostro figlio ha avuto un incidente. È all’ospedale, in uno stato molto grave. Sì, è in coma. No, i medici non possono dire nulla, bisogna aspettare’”. Seguono i giorni, i mesi, spesso gli anni e con il tempo crescono anche la rabbia, i rimpianti, la solitudine, spesso anche l’umiltà di accettare la situazione. “Ma bisogna continuare a vivere – aggiunge Francoise -, anche se non più come prima perché anche noi non saremo mai più gli stessi: siamo feriti alla testa, al cuore, alla pancia. Ma dobbiamo continuare a costruire ciò che si può, soprattutto a far guadagnare un posto di uomo tra di voi”.
Il caso Lambert non finirà così. Non con una decisione dei giudici. Perché in Francia oggi in tanti s’interrogano. Le associazioni familiari cattoliche (Afc) chiedono: “Può la giustizia condannare a morte una persona?”. Il presidente della Fondazione laica “Jerome-Lajeune”, Jean Marie Le Méné, ricorda che Lambert “non è in fin di vita: vive una vita nella misura del suo handicap, una vita diminuita ma una vita”. E ritiene che fermare oggi l’alimentazione e l’idratazione di Vincent, significa “farlo morire di fame e di sete”. Su “Le Figaro”, il filosofo Fabrice Hadjadj, osserva che questo dibattito rivela la tendenza delle nostre società a rifiutare la debolezza e la dipendenza. Un tempo si eliminavano le persone senza ripensamenti; oggi lo si fa in nome della “pietà”. E ricordando le parole di Georges Bernanos, conclude: “L’uomo di questo tempo ha il cuore duro e la pancia sensibile”.
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