Di Daniele Rocchi
“La pace è sicura solo se è coltivata a più mani. Chi si impegna a coltivare non deve però dimenticare che la crescita dipende dal vero Agricoltore che è Dio. Del resto, la vera pace, quella che il mondo non può dare, ce la dona Gesù Cristo. Perciò, nonostante le gravi ferite che purtroppo subisce anche oggi, essa può risorgere sempre”. Lo ha detto Papa Francesco ai rappresentanti della Roaco (Riunione opere aiuto Chiese orientali) ricevuti ieri in udienza, in occasione della loro 87ª assemblea. “I primi chiamati a coltivare la pace – ha affermato Bergoglio – sono proprio i fratelli e le sorelle d’Oriente, con i loro Pastori sperando a volte contro ogni speranza, rimanendo là dove sono nati e dove fin dagli inizi è risuonato il Vangelo del Figlio di Dio”. L’auspicio del Papa è che questi “possano avere sempre il sostegno della Chiesa universale, per conservare la certezza che il fuoco della Pentecoste, la potenza dell’Amore, può fermare il fuoco delle armi, dell’odio e della vendetta. Le loro lacrime e le loro paure sono le nostre, come del resto la loro speranza! A dimostrarlo sarà la nostra solidarietà, se riuscirà ad essere concreta ed efficace, capace di stimolare la comunità internazionale in difesa dei diritti dei singoli e dei popoli”. Dal Papa è arrivata vicinanza “ai fratelli e alle sorelle della Siria e dell’Iraq”, alla Terra Santa e al Vicino Oriente, ma anche “all’amata Ucraina, nell’ora tanto grave che sta vivendo, e alla Romania”. Ai lavori della Roaco ha partecipato anche il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, al quale abbiamo chiesto di fare un bilancio dell’incontro.
Quali sono le principali idee emerse durante l’assemblea?
“Innanzitutto prendere atto di una profonda e grave frammentazione nella quale sta cadendo il Medio Oriente, in particolare la Terra Santa, la Siria e l’Iraq. Si tratta di polarizzazioni che ci fanno temere per il futuro”.
La situazione in Siria e in Iraq sta deteriorandosi sempre più con gravi conseguenze sulla vita delle popolazioni…
“Sul piano umanitario, purtroppo, non c’è molto da fare a causa delle enormi difficoltà sul terreno di guerra. I progetti che si possono mettere in atto sono di breve durata e di sostegno all’emergenza”.
Avete individuato delle priorità?
“Ciò che è molto importante, in questa fase, sarà migliorare il coordinamento fra tutti gli organismi e le agenzie cattoliche impegnate a dare sostegno alle popolazioni in difficoltà. Il coordinamento è la priorità da ricercare adesso per ottimizzare risorse ed evitare sovrapposizioni inutili e dannose”.
Il Papa nel suo discorso ha toccato il tema dell’emigrazione cristiana dal Medio Oriente…
“Evitare l’esodo dei cristiani dal Medio Oriente è un’altra grande urgenza. I cristiani che emigrano svuotando la regione della quale sono i primi abitanti è un vero dramma. In questo ambito non basta solo la vicinanza materiale ma ci vuole anche quella spirituale. Un concetto questo ribadito durante i lavori della Roaco. Serve, inoltre, ritrovare le motivazioni e il senso del nostro restare qui, riscoprire la vocazione alla missionarietà che vale anche per i popoli della Terra Santa”.
Cosa c’è da fare sul piano diplomatico perché le iniziative delle Santa Sede possano essere più incisive e aiutare la causa della pace?
“Una cosa è chiara in Medio Oriente: la politica e la diplomazia hanno fallito. I gesti che Papa Francesco ha fatto in Terra Santa e poi a Roma invitano la Chiesa e i rappresentanti pontifici a lavorare anche in altri ambiti. La pace e il dialogo non possono essere riservati solo ad alcuni, ma devono diventare una visione ed un atteggiamento comune a quante più persone possibili. I leader religiosi hanno in questo responsabilità fondamentali”.
Un’ultima domanda: i miliziani dell’Isil stanno consegnando copie del Corano agli abitanti delle città irachene conquistate. Semplice propaganda o cosa?
“L’Isil è un movimento integralista e la consegna del Corano non è una semplice attività di propaganda ma un modo di dire che è questa la via e la soluzione. Chi non ci sta va fuori. Trovo anche credibili le voci di cristiani che lamentano il pagamento della tassa di protezione alle milizie islamiche. Va detto tuttavia che queste organizzazioni non sono così gerarchizzate come si può tendere a credere. Ci sono miliziani più rigidi ed altri meno, quindi voci del genere potrebbero in alcune zone conquistate trovare anche delle smentite”.