I gesuiti Gaetano Piccolo e Andrea Di Maio celebrano il loro confratello Roberto Busa (Vicenza 1913 – Gallarate 2011) in un articolo scritto per il prossimo numero de “La Civiltà Cattolica” che uscirà sabato 5 luglio.
Il titolo del pezzo, “Roberto Busa: tra cervello meccanico e cervello spirituale”, prende spunto dalle parole che Papa Paolo VI utilizzò quando ricevette in udienza, venerdì 19 giugno 1964, proprio padre Busa e il personale del centro di automazione di analisi linguistica del’Aloysianum (uno studentato dei gesuiti presso Gallarate, ndr).
Scrivono gli autori che nel 1949, per la sua tesi dottorale in filosofia su “La terminologia tomista dell’interiorità”, padre Busa “ebbe l’intuizione che per studiare bene quel concetto avrebbe dovuto studiare l’uso e il significato di locuzioni come «in» o «intra» nelle opere di Tommaso, e che, date le enormi quantità delle rispettive occorrenze, sarebbe stato non soltanto utile, ma di fatto indispensabile disporre di una concordanza esaustiva e automatica delle parole dell’autore”.
Proseguono gli autori: “Terminata la tesi e avendo capito le enormi potenzialità dei grandi calcolatori elettronici che negli anni Quaranta cominciavano a essere realizzati, nel 1949 padre Busa andò negli Stati Uniti d’America presso la IBM, che allora era la maggiore azienda costruttrice di computer, ottenendone la sponsorizzazione del suo progetto di una concordanza elettronica delle opere di san Tommaso, l’Index Thomisticus, che fu la prima applicazione del computer a studi linguistici”. La poderosa opera, che constava di 56 volumi, fu portata a termine in un trentennio e nel 1989 messa su cd-rom. Dal 2005 è consultabile sul sito corpusthomisticum.org.
Secondo i due gesuiti “probabilmente il lascito più fecondo di padre Busa è stato l’applicazione del suo metodo lessicografico in filosofia e in teologia. Per lui il linguaggio esprime il pensiero, e il pensiero coglie la realtà; pertanto i primi princìpi (come il principio di non contraddizione) sono non soltanto regole del linguaggio e del pensiero, ma vere e proprie leggi dell’essere”.
L’amore di padre Busa per le parole scaturice da una visione prettamente cristiana e lo studio del linguaggio “apre la via ai semi del Verbo e all’accoglienza del Verbo stesso. Padre Busa amava dire: In imis verbis Verbum latet (=Al fondo delle parole si nasconde la Parola): così lo studio delle parole porta all’ascolto della Parola”.
L’alto profilo scientifico del suo lavoro ha portato Alliance of Digital Humanities Organisations a istituire nel 1998 il “Roberto Busa Prize” che ogni tre anni premia studiosi che si sono distinti in studi informatizzati in ambito umanistico.