“Se di fronte a una donna, Asia Bibi, che è in carcere da quattroanni perché cristiana, non c’è l’Europa che s’indigna, vuol dire che non stiamo rispondendo al nostro destino: la vera e grandesfida che abbiamo di fronte è ritrovare l’anima dell’Europa”. Queste le parole del presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, nel discorso di apertura a Strasburgo del semestre italiano di presidenza Ue. La storia della donna pakistana, madre di quattro figli – condannata a morte in primo grado per il reato di blasfemia e rinchiusa nel braccio della morte in attesa dell’esecuzione della sentenza, perché giudicata colpevole di aver insultato Maometto durante un banale litigio con la moglie dell’imam della sua città – entra così prepotentemente nel dibattito pubblico e scuote le coscienze dei parlamentari europei, mentre nel suo Paese vengono clamorosamente dilazionati i tempi del processo d’appello.
A distanza di 4 anni, non viene celebrato il processo d’appello. Nelle scorse settimane, la Corte di appello di Lahore ha più volte rimandato l’inizio del processo di secondo grado, perseguendo – a parere dei legali della donna – una tattica dilatoria grazie a espedienti legali di vario tipo. L’ultimo episodio risale a fine maggio, quando il fascicolo relativo ad Asia Bibi è scomparso senza motivo dalla lista delle udienze. Fonti locali riferiscono che i magistrati non vogliono assumersi l’onere di emettere un giudizio sul suo caso, mentre “ordini superiori” spingono a rimandare il momento del verdetto. Gli avvocati di Asia Bibi hanno depositato una nuova petizione, perché venga fissata una data e prenda il via il processo di appello. Posizione condivisa da diversi membri della società civile e politica, non solo cristiani.
Le sue condizioni di salute. Mentre il ministero degli Interni pakistano riferisce che la donna può disporre di due visite mediche mensili e i vertici della prigione dov’è rinchiusa parlano di rapporti medici “montati ad arte”, come riporta Asia News, si levano in questi giorni molte voci che denunciano la precarietà della sua salute. Come quella dell’attivista pro diritti umani Akeel Ali Mehdi, musulmano, che ha dichiarato: “Condanniamo con forza l’atteggiamento della magistratura. Asia Bibi ha sofferto ormai abbastanza, anche la sua famiglia ha sofferto. Ora è tempo che venga fatta giustizia, che le siano fornite le cure necessarie; i giudici devono affrontare immediatamente il suo caso”. Medesime preoccupazioni ha espresso padre Ilyas John, sacerdote e attivista dell’arcidiocesi di Lahore, che conferma il rapido “peggioramento” dello stato di salute “psicologica e fisica”; egli chiede “cure mediche immediate” e conferma l’attenzione e le preghiere della Chiesa per Asia Bibi e Sawan Masih, un giovane anch’egli in carcere con una condanna a morte, emessa lo scorso 27 marzo, in base alla legge sulla blasfemia: stava bevendo alcol insieme a un amico musulmano, quando si sono messi a discutere di religione. Hanno litigato e il giorno dopo il suo amico l’ha denunciato per blasfemia, scatenando la reazione di una folla di musulmani che ha distrutto il quartiere cristiano “Joseph Colony” di Lahore. A conferma del fatto che la legge sulla blasfemia non fa altro che sancire la caccia ai cristiani, ai loro beni e alle chiese.
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