Di Luigi Crimella

È vero che gli immigrati ci rubano il lavoro? Nel senso che lo rubano ai giovani e a quanti vengono licenziati o perdono il posto per crisi aziendale? In parte sì e in parte no. La risposta possiamo trovarla direttamente guardandoci in giro mentre facciamo una passeggiata nel centro della nostra città, o anche osservando dal finestrino dell’auto le attività economiche che man mano scorrono lungo il nostro percorso. Ristoranti cinesi, fruttivendoli egiziani, “pizzaroli” sempre egiziani o bengalesi o sri lanka, muratori romeni, camerieri filippini, colf moldave, centralinisti asiatici o dei paesi dell’est, bazar cinesi, piccoli negozi alimentari pakistani, raccoglitori di frutta africani, autisti di camion polacchi, venditori ai semafori tunisini o marocchini, e via di questo passo. È inutile che ci allarmiamo e indigniamo perché veniamo a sapere che negli ultimi 10 anni, a causa della crisi, sono andati perduti 2,3 milioni di posti di lavoro tra i giovani italiani dai 18 ai 34 anni; e che gli stessi occupati al di sotto dei 35 anni sono diminuiti, rispetto al totale, di 12,7 punti percentuali passando dal 58,7% del 2004 al 46% del 2013. Quei milioni di posti di lavoro sono “spariti” da un lato, ma – quasi magicamente – ne sono ricomparsi almeno un paio di milioni occupati proprio da loro, gli immigrati sia europei dei paesi dell’est, sia extra-europei. E non solo questi immigrati hanno iniziato a lavorare in posizioni “pesanti”, che molti dei nostri giovani cercano di evitare (si tratta dei lavori più “umili” e sottopagati, come raccogliere frutta e verdura, o i muratori, o le colf ecc.), ma addirittura gli stessi immigrati sono diventati “imprenditori”. Vediamo come.

Imprese piccole ma dinamiche. Spiega questa crescita dell’imprenditorialità degli immigrati il rapporto curato da Idos e Unioncamere e presentato a Roma giovedì 10 luglio. Si tratta di un testo dal titolo “Immigrazione e Imprenditoria”, che vede anche il contributo della Cna (Confederazione nazionale artigianato), della Camera di commercio di Roma e di MoneyGram. Ebbene, uno dei dati più sorprendenti che emerge dal volume è che le imprese operanti in Italia guidate da immigrati sono aumentate dal 2011 al 2013 del 9,5% e del 4,1% nell’ultimo anno. Tutto questo mentre quelle italiane sono scese dell’1,6%.Franco Pittau, presidente dell’Idos, il centro studi e ricerche che si occupa di immigrazione e problemi correlati, curatore dello studio, afferma che “il dinamismo che la componente immigrata continua a mostrare in questi anni di crisi è collegato a una crescente capacità di aprirsi anche a forme di impresa più complesse, come le società di capitali, anche se tra gli stessi immigrati le esperienze ad alto livello tecnologico, innovative e ad alto valore aggiunto restano ancora poco diffuse”. In totale, le imprese condotte da immigrati sono 497.080, corrispondenti all’8,2% di quelle operanti nel nostro Paese (che sono complessivamente 5.564.880). All’interno delle ditte di immigrati, 400.583 sono individuali (80,6% del totale), ma non mancano le società di capitali (49.507), le cooperative (8.514), i consorzi (240) e altre forme societarie (698).

Le “specializzazioni” per gruppi etcnici. Chi sono questi imprenditori immigrati e in che settori operano? La ricerca Idos-Unioncamere spiega che settore prevalente è il commercio (175mila imprese, 35,2% del totale) seguito da costruzioni (126mila, 25,4%), manifatture (41mila, 8,3%), alloggio e ristorazione (36mila, 7,2%). Al nord primo settore è l’edilizia, mentre al centro-sud prevalgono il commercio e i servizi. Quanto ai paesi di origine, il Marocco ha il più alto numero di imprenditori individuali in Italia (61.177, 15,3% del totale), seguito da Romania (46.029, 11,5%), Cina (45.043, 11,2%), Albania (30.376, 7,6%), Bangladesh (20.705, 5,2%) e Senegal (16.894, 4,2%). I gruppi etnico-linguistici hanno sviluppato anche una “specializzazione” imprenditoriale: i cinesi nella manifattura (48,9%), i marocchini nel commercio (29,2%), i romeni in edilizia (28%) come gli albanesi (20,8%), i cinesi ancora nella ristorazione (24%). In crescita il dato delle imprese di immigrati a guida femminile: sono in totale 117.703 vale a dire il 23,7% del totale che è di 497.080. Circa la presenza geografica, le regioni del nord Italia raccolgono il 51,7% del totale delle imprese di immigrati, il centro totalizza il 26,3% e il sud il 22%. Prima regione è la Lombardia con oltre 94 mila imprese, seconda il Lazio (60 mila).

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