Di Daniele Rocchia
“Caro Fratello, ho ricevuto notizie attraverso don Mario Cornioli. Sono vicino a voi e alle suore e all‘intera comunità cattolica. Vi accompagno con la preghiera e la vicinanza. Che Gesù vi benedica e la Santa Vergine vi custodisca. Un abbraccio. Fraternamente. Francesco”. È il testo del messaggio, scritto in lingua spagnola, che Papa Francesco ha indirizzato al parroco della Sacra Famiglia di Gaza, padre Jorge Hernandez. Parole che giungono “come balsamo” alla piccola comunità cattolica gazawa, circa 200 fedeli, stretta nella paura di chi vive sotto la minaccia continua di bombe e di razzi. Secondo quanto riferito al Sir dallo stesso don Cornioli, il messaggio è arrivato nella serata di ieri e prontamente è stato recapitato alla comunità cristiana che “lo ha accolto con grande gioia”. “Le parole del Papa ci danno tanto coraggio – ha detto padre Hernandez – in un momento in cui nella Striscia gli scontri tra Israele e Hamas si fanno più intensi”.
Non più tardi di due giorni fa, infatti, tre missili hanno distrutto una casa molto vicina alla parrocchia quando già erano giunte in parrocchia telefonate da Israele con l’indicazione di lasciare le abitazioni. “La tregua umanitaria di ieri – afferma il parroco – ha permesso alla popolazione di uscire e di fare scorte di generi alimentari. Qualche banca ha riaperto. Questo mese, poi, i dipendenti pubblici non hanno ricevuto lo stipendio e non possono fare acquisti. Io ho potuto far visita a dei parrocchiani. Sono momenti terribili quelli che stiamo vivendo. Paura, confusione, stress, lacrime dappertutto. Soprattutto quelle dei bambini che soffrono per gli spari, per le onde d’urto, i boati. I genitori si prodigano per distrarli giocando con loro o abbracciandoli al momento dei bombardamenti”. “Se ascoltiamo i due contendenti impegnati in questa guerra ridicola, sembra che tutti e due stiano vincendo – dice con amarezza il religioso – invece la realtà è che tutti stanno perdendo e che ciascuno dovrà pagare penose conseguenze per questa cecità e malvagità”. La risposta alla guerra della piccola comunità della Sacra Famiglia non si ferma alle parole di denuncia ma ha il sapore della solidarietà. Nei locali della scuola attigua alla parrocchia sono state accolte molte famiglie residenti nelle zone bombardate e tanti parrocchiani si stanno dando da fare per reperire generi di prima necessità e acqua.
Quello della accoglienza e della vicinanza, è un vocabolario che stride con quello duro e violento delle armi e della propaganda israeliana e di Hamas. Le forze di Israele oggi avanzano ancora nella Striscia di Gaza, dove sono entrate ieri sera, con lo scopo di distruggere i tunnel di Hamas usati, secondo Israele, dai combattenti palestinesi per infiltrarsi oltreconfine e, visto anche l’andamento delle operazioni militari, di dividere in due la Striscia. Nella zona nord della Striscia, teatro dell’invasione, vivono circa 100 mila persone. Per loro non c’è via di fuga, pertanto l’unica possibilità di salvezza è restare in casa. Durante la notte, ha riferito il portavoce militare israeliano sono stati colpiti oltre 100 “siti del terrore”, circa 9 tunnel e oltre 20 postazioni di lancio di razzi. Hamas ha reagito con una pioggia di razzi sulle città israeliane del sud come Beer Sheva, Ashdod, Ashqelon, facendo entrare in azione le batterie di difesa Iron Dome che hanno intercettato in volo i razzi che rischiavano di mietere vittime, mentre hanno ignorato quelli diretti verso zone aperte. “Gaza sarà la tomba per i soldati di occupazione. L’offensiva di terra israeliana sarà un fallimento” tuonano i miliziani di Hamas mentre l’esercito israeliano conta il suo primo caduto, ucciso forse da fuoco amico. Un civile era rimasto ucciso nei giorni scorsi. Secondo il portavoce dei servizi di emergenza palestinesi, Ashraf al-Qudra, in 11 giorni dell’operazione “Confine protettivo” nella Striscia sono state uccise 267 persone, in stragrande maggioranza civili. Quasi 2.000 i feriti. Ancora più tragico suona il numero dei bambini morti, almeno 48, secondo l’Unicef, una media di 4 bambini al giorno.
L’invasione di terra dell’Esercito israeliano ha provocato diverse reazioni internazionali facendo cadere nel vuoto gli appelli della diplomazia per l’immediata cessazione delle ostilità. Anche Papa Francesco ha voluto dare seguito al suo appello a continuare a pregare per la pace in Terra Santa di domenica scorsa, telefonando “personalmente” stamattina al Presidente Shimon Peres e al Presidente Mahmoud Abbas. Nella telefonata il Papa “ha condiviso con i suoi interlocutori, che considera uomini di pace e che vogliono la pace, il bisogno di continuare a pregare e di impegnarsi per far sì che tutte le parti interessate e quanti hanno responsabilità politiche a livello locale e internazionale si impegnino per far cessare ogni ostilità, adoperandosi in favore di una tregua, della pace e della riconciliazione dei cuori”.
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