ACQUAVIVA PICENA – Si è tenuta sabato 19 luglio, nell’Auditorium San Giacomo della Marca di Acquaviva Picena, la presentazione del libro “La mia Tribù” di Raffaella Milandri fotografa, scrittrice e attivista per la difesa dei diritti umani, organizzata dall’associazione Laboratorio Terraviva e dal Comune di Acquaviva Picena.
Durante la serata l’autrice, incalzata dalle domande della dott.ssa Laura Maria Castagna, psicologa e logopedista, della dott.ssa Benedetta Trevisani, scrittrice, insegnante e Presidente del Circolo dei Sambenedettesi e della giornalista Sabrina Cava, che hanno partecipato con i propri interventi alla presentazione, ha risposto alle domande sul libro, sul perché lo ha scritto e sul suo stretto legame con i popoli indigeni per la tutela dei quali sta conducendo una tenace campagna.
La Milandri è stata definita dalla giornalista Sabrina Cava come una persona di grandissima umanità, una donna di grande spessore che ama la gente semplice ed è fiera di essere una di loro, nonostante provenga da un ambiente borghese. Durante i suoi viaggi, la scrittrice ha conosciuto popoli come gli aborigeni australiani, i pigmei, diverse tribù dell’India, i boscimani del Kalahari fino ad arrivare alle tribù indiane del Montana esperienza di cui parla, appunto, nel suo libro.
Sul perché abbia voluto dedicare la propria vita alla difesa delle tribù indigene, Raffaella Milandri dice:” E’ un discorso che parte da lontano. Quando ero piccola, leggevo i fumetti Tex Willer, sognavo avventure, sognavo di partire per seguire mappe di un tesoro da scoprire. Da adulta ad un certo punto mi sono resa conto che era il momento di agire per realizzare quel sogno; avevo viaggiato ma non avevo mai realizzato quel qualcosa che avevo dentro, e così ho iniziato a fare questi viaggi in solitaria, spesso in fuoristrada, andando a visitare i popoli indigeni. L’incontro con gli indigeni, l’amarli e capirli come uomini veri che hanno un tipo di vita a contatto con la natura, mentre noi abbiamo un tipo di vita snaturata, mi ha fatto molto riflettere: se dal punto di vista dello stile di vita le vittime sembriamo noi, in realtà vediamo che le vittime sono loro, perché non sono liberi di vivere come vogliono”. La scrittrice riconosce nei popoli indigeni un forte legame alla propria terra, alle tradizioni ad una cultura che certe volte può sembrare bizzarra e sente dentro di sé che la vita vera è quella che conducono questi popoli e non quella occidentale, riconosce in loro una grande umanità e ritiene necessario proteggere la loro cultura e le loro tradizioni perché di per sé sono deboli, sono senza armi di difesa rispetto a popolazioni che hanno dalla loro parte il potere delle armi, del denaro e di quello demografico.
Quindi, per la scrittrice, il rapporto tra la scrittura e l’esperienza di vita si esplica proprio nella della difesa di questi popoli attraverso la divulgazione della loro storia, della loro visione del mondo, dei loro costumi con il racconto orale e scritto:” La parola divulgazione è fondamentale, perché ciò che non si conosce non esiste all’atto pratico. Prima ancora di diventare scrittrice sono diventata fotografa, perché la fotografia è il mezzo di comunicazione e divulgazione più immediato, poi mi sono dedicata agli articoli e poi ai libri. Attraverso la divulgazione cerco di portare alla riflessione sul legame tra gli occidentali e gli indigeni e di riportare il discorso dal punto di vista storico per rendere giustizia a chi mi ha dato la testimonianza”.
Il viaggiare per la Milandri vuol dire esplorare, soffermarsi, indagare, ricercare il senso della vita, ma anche andare tra la gente e cercare di interagire con loro, cosa molto impegnativa perché bisogna superare la comprensibile diffidenza da parte degli indigeni:” Ho cercato di capire, di creare un contatto con l’umiltà della persona che si pone per quella che è. Sono stata adottata nella tribù dei Crow, la stessa che ha adottato Barack Obama, e sono stata fortunata perché nonostante la diffidenza iniziale, mi hanno poi accettato perché mi hanno riconosciuto in una profezia che parlava di una donna che veniva da lontano e questo ha fatto sì che mi accogliessero con un candore e una fiducia nel prossimo di cui nonostante tutto sono ancora capaci. Ma i miei viaggi sono anche un lavoro di ricerca storico per i quali devo basarmi sulle testimonianze e su materiale cartaceo, come in questo caso per il quale ho fatto ricerca negli archivi del governo americano e della Tribù Crow. Ho poi cercato di tradurre le scoperte raccolte in una storia che fosse interessante e fruibile a tutti”.