Non so perché, ma qualche giorno fa mi è venuto in mente il cardinale Ersilio Tonini. Ho pensato a lui intensamente e a quanto nella sua lunga vita fosse stato profetico. Si parlava, tra amici, delle sfide che pone la scienza in continua competizione con l’etica. Le novità sulla maternità possibile sempre, sulla fecondazione, sui matrimoni tra omosessuali, sulla famiglia accerchiata da ogni parte. Ma è l’uomo, ci diceva con convinzione, nella sua essenza che viene intaccato, nella sua definizione più profonda. Né va di se stesso e dell’intera umanità.
A volte si sorrideva del cardinal Tonini che ammoniva, in ogni occasione, circa le sfide di quella che lui, forse tra i primi, definiva la bioetica. Eravamo negli anni Ottanta e già il cardinale metteva in guardia su due fronti che, a suo dire, avrebbero contraddistinto i decenni a venire: le grandi migrazioni da est verso ovest e le insidie della scienza nei confronti dell’uomo.
Quanto aveva visto giusto il cardinale. Quanto è stato lungimirante. Oggi, a un anno esatto dalla sua morte risuonano nella mia mente le sue parole così ferme, così decise, così perentorie. Si deve scegliere da che parte stare, altrimenti non ci saranno più limiti per la scienza. Si deciderà come si vorranno i figli, tutti alti, belli e con gli occhi azzurri, costruiti in laboratorio. Sembrava fantascienza. Sembravano fantasticherie di un porporato ossessionato dai timori di chi avanza con l’età.
Si comprendeva subito, tuttavia, la sua vera passione per l’umanità, per l’uomo tutto intero, quello per il quale si è sempre battuto fino alla fine. Leggeva in inglese e in francese per essere sempre aggiornato su ogni materia. Conosceva perfettamente l’importanza dei mass media, lui che era stato uno dei direttori dei giornali diocesani, “Il Nuovo Giornale” della diocesi di Piacenza. Comprendeva benissimo che poter controllare i mezzi della comunicazione sociale significava controllare il pensiero dominante.
Sapeva scrutare il futuro. Lo si comprendeva alla perfezione ascoltando i suoi affollatissimi incontri in giro per l’Italia, in Romagna in particolare. Ma ancora più, lo si capiva quando si aveva l’opportunità di stargli accanto per qualche tempo. A me, questa fortuna (solo così la posso definire) è capitata più di una volta. Rivivo il viaggio col quale lo riaccompagnammo a Ravenna dopo un’ennesima serata a Cesena. In auto gli feci una lunga intervista. Non c’era argomento escluso dal suo interesse. Ma quello che più mi colpiva nel cardinale era la sua disponibilità, la sua attenzione, la sua infinita capacità di ascolto, doti non comuni in personalità così esposte e impegnate senza sosta.
Il cardinal Tonini come un profeta, potremmo dire a un anno dalla sua morte. Pastore e profeta. Sì, perché amava stare tra la gente, lui figlio di gente che veniva dalla terra, conosceva benissimo quel che le persone del popolo si aspettano da un prete, da un vescovo e anche da un cardinale. “Il parroco degli italiani”, questo il titolo del capitolo che mi capitò di scrivere per un volume che uscì in occasione dei suoi 80 anni. Mai titolo, a mio avviso, più fu azzeccato. La gente lo avvertiva come il proprio parroco, il sacerdote a cui confidare le proprie ansie e i propri dubbi. La tv gli offrì questa enorme opportunità che seppe sfruttare per scandagliare i cuori ed entrare in sintonia con milioni di persone. Lui ci mise sull’avviso: l’umanità rischia di smarrirsi e con essa ognuno di noi. Forse solo oggi comprendiamo appieno quanto avesse ragione. Ecco perché gliene siamo doppiamente grati.