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Insegnanti, stress da confusione

Di Alberto Campoleoni
La questione degli insegnanti resta uno dei nodi più delicati del sistema scuola. Non solo perché, naturalmente, proprio gli insegnanti sono uno dei cardini del mondo scolastico e attori protagonisti – insieme all’allievo, che resta comunque il centro – di quel processo di insegnamento/apprendimento che è l’anima stessa della scuola. No. Oltre a questa dimensione “di sostanza” vi è quella più “laterale” dell’organizzazione e gestione della macchina scolastica. Questione, tuttavia, che diventa anch’essa sostanziale: una macchina che non è organizzata in modo adeguato per funzionare, sia pure con tutte le buone intenzioni e i principi filosofici a posto, non funziona e basta.
In buona sostanza, data tutta l’importanza “di principio” alla funzione docente, se poi la sua definizione concreta, l’organizzazione amministrativa e la routine quotidiana (in senso buono) non sono all’altezza, si finisce per invalidare i principi stessi.
Questo sembra accadere spesso nella nostra scuola, che sulla “questione insegnanti” inciampa tante volte. Proprio sulla declinazione concreta, sui dettagli, che poi non sono così marginali.
Se è vero che in Italia occorre anzitutto rivalutare il ruolo degli insegnanti, spesso relegati in un immaginario collettivo scadente, poco pagati e assimilati non di rado a lavoratori “svogliati” – cosa che incide poi sull’autostima di chi sceglie la professione più bella del mondo – è anche vero che occorre (ri)costruire un meccanismo di formazione, selezione e avviamento all’insegnamento che regga e non venga ogni due per tre messo in discussione e travolto da ogni venticello o da norme o idee talvolta peregrine.
Sono sotto gli occhi di tutti i caos ricorrenti nelle nomine, determinati anche da un sistema che ha prodotto un’infinità di precari. Assunti, licenziati, riassunti. Vincitori di concorso e in perenne lista d’attesa, tra graduatorie provinciali e d’istituto. Supplenti, incaricati, con lo stipendio estivo o no, tirati per la giacca tra normative italiane e disposizioni europee, con l’assillo ricorrente di corsi e ricorsi. Un esempio recentissimo riguarda il parere della Corte di giustizia europea sul presunto abuso da parte del governo italiano del contratto a termine per i supplenti della scuola. Ma si ricorderà anche il bel caos, recente anch’esso, legato al concorso per dirigente scolastico.
Se si pensa poi all’ingresso alla professione, che dire? E delle proposte che si rincorrono ad esempio sull’aumento dell’orario di lavoro dei docenti, avanzate e ritirate, nell’eterno equivoco che si lavori troppo o troppo poco, tra alzate di scudi mediatiche e difese corporative? E della questione infinita della valutazione dell’operato dei docenti, per non parlare del refrain abituale che lega merito e stipendio?
Parole. Fughe in avanti e precipitose marce indietro. Ministri e sindacati, opinionisti e famiglie: tutti coinvolti in un dire e non dire, progettare, immaginare. Montagne che partoriscono (quando lo fanno) solo topolini, con ogni volta il seguito di un senso di immutabilità e impotenza che non fa bene a nessuno.
Così appare la “questione insegnanti”. Un mare magnum di confusione. Con la sola certezza che i genitori vorrebbero invece per i propri figli persone preparate e sicure di sé, condizioni indispensabili per accompagnare i più piccoli nel cammino si crescita. Forse bisognerebbe ripartire da qui. E cogliere l’urgenza di una revisione strutturale della macchina scolastica, per permetterle di funzionare a regime.
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