Le terrificanti fotografie dei crocefissi che in Rete si possono osservare, indubbiamente non sono che una spia degli orrori che, costantemente, vengono perpetrati.
Se ci si interroga sul “perché?”, dall’indignazione si passa allo sgomento, forse anche al panico. Oggi, in un mondo che si afferma civile e libero, in cui tutti possono vivere senza dover rendere conto a nessuno e a nessuna istituzione del proprio credo, come siamo giunti a simili efferatezze?
È, purtroppo, ben noto che guerra è guerra. Altrettanto ben noto però è che esistono diritti civili ed umani che devono essere rispettati, con garante l’Onu.
Prendere di mira i cristiani, una minoranza e di ben poco pregio economico e sociale, conduce a pensare che l’odio abbia altre valenze e ben forti. Impossibili da ritrovare in quel libro che lo stesso Vaticano II riconosce ispirato: il Corano.
Il fondamentalismo, crudele e dissennato, che caratterizza il Califfato riporta, tristemente, alla memoria i tempi del nazismo che credevamo assorbiti dalla nostra coscienza storica ed umana.
Se si osserva la carta geografica che il Califfato espone agli occhi di tutti come proprio programma di conquista europeo, si nota che la macchia nera dilaga, copre e distrugge. Non è l’avanzata di una civiltà ma di una a-civiltà che distrugge, dal di dentro, la stessa civiltà mussulmana.
Non siamo solo noi cristiani a sussultare e a vergognarci quando vediamo un uomo crocifisso, ma anche i fratelli musulmani che vivono la parola del Profeta Maometto, in libertà di spirito e in accettazione di religioni diverse.
La persecuzione in atto, non si fermerà: ora tocca a noi, cristiani, poi ai musulmani che non si adegueranno, poi toccherà agli ebrei, poi ancora ad ogni singola persona che non si pieghi sotto il piede di ferro del Califfo.
Proprio perché anche noi cristiani abbiamo, in altri secoli, perseguitato gli ebrei in nome del Vangelo e del messaggio del Crocifisso, avvertiamo una sensibilità più dolente nel constatare che il detto “historia magistra vitae” proprio non calza. Non abbiamo insegnato niente con la nostra richiesta di perdono. Gli impulsi umani peggiori, quelli che dimorano celati e sommersi nell’animo di ogni persona umana – quelle tenebre su cui Jung ha mosso il dito indicandole – si scatenano e si avventano, pretestuosamente, sui fratelli e sulle sorelle.
Richiamarsi alla legge islamica è una copertura di un’avanzata che vuole distruggere l’umanità. Il Corano non conosce queste dimensioni. Come sempre, luce e tenebre si affrontano, il tenebroso vessillo del Califfato ne è tristissimo e spaventoso emblema. La decisione però non è fatalistica, non incombe un destino che non si possa evitare, la coscienza di ciascuno e di ciascuna deve optare: tenebre o luce.
Lo dimostra il docente universitario, musulmano, che ha affrontato la morte ma non si è scagliato contro i cristiani. La scelta stessa della pena e della sua esibizione non è solo deplorevole, perché è troppo poco dichiararla deplorevole, e neppure bestiale, perché insulterebbe gli animali che soccorrono i loro simili, è nefasta, foriera di esecuzioni ancora peggiori.
Crocifiggere una persona è un crimine simbolico che vuole gettare discreto sulla religione e su Gesù Cristo stesso. L’Islam che condanna per blasfemia, non considera ugualmente questo gesto blasfemia? I cristiani crocifissi sono martiri e simili al loro Signore nel sacrificio della vita, ma avremmo potuto sperare che, secoli di preghiere quotidiane avessero plasmato la mente e il cuore di chi si rivolge all’Altissimo con il nome di Allah, donando clemenza, rispetto, se non misericordia.
Cedere alle tenebre? Alla macchia nera distruggente, implacabile?
Stiamo diventando martiri insieme: anche i musulmani vengono crocefissi perché ritenuti traditori. Il vilipendio della Croce diventa segno di comunione nell’orrore.
Scelta di disprezzo che vuole disonorare, per i cristiani splendente segno di sommo Amore.
Noi tutti insieme, cristiani e musulmani, possiamo essere luce, essere Amore.