In fondo, nessuno come noi italiani, ha la coscienza viva dell’imperfezione personale, sociale e comunitaria. Qualcuno dirà che è tutta colpa delle nostre radici cristiane. In assoluto, un’ipotesi che non si può escludere, anche se tutta da dimostrare. Di sicuro, siamo capaci di grandi imprese. Sappiamo riparare ai nostri grandi disastri (vedi l’impresa del rigalleggiamento e del trasferimento della Concordia) e poi ci perdiamo nella giungla di una burocrazia borbonica. Accumuliamo un mostruoso debito pubblico e corriamo sul filo del rasoio. Talvolta sopravviviamo, ma siamo vivi.
Nel giorno della Concordia giunta a Genova e del Tour de France vinto dopo sedici anni da un ragazzo siciliano, abbiamo finalmente qualche motivo per sorridere di noi.