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Il colore prima del blu – Puntata 8

Il colore prima del blu


Il romanzo “Il colore prima del blu”
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Per leggere le precedenti puntate clicca su:

– Il colore prima del blu – Puntata 1

– Il colore prima del blu – Puntata 2

– Il colore prima del blu – Puntata 3

– Il colore prima del blu – Puntata 4

– Il colore prima del blu – Puntata 5

– Il colore prima del blu – Puntata 6

– Il colore prima del blu – Puntata 7

Anche oggi la famiglia di turisti è tornata a fare cena al ristorante. Alloggiano all’Hotel Riviera. Sono italo-americani. La ragazza dalle infradito fucsia si chiama Anna. L’ho sentito dire dal signor Alfredo a Marta. È entrata dalla porta togliendosi gli occhiali da sole e sciogliendosi i capelli. Mi ha cercato con lo sguardo, ne sono certo. Ora è seduta al tavolo e si guarda le punte dei capelli. I suoi capelli sono neri come il caffè e mossi come il mare dopo un giorno di vento. Mi avvicino per portare l’acqua e il vino. Lei non si accorge della mia presenza o finge di non notarmi.
‹‹Buona sera,›› dico.
Il padre mi risponde con un sorriso. Anna alza la testa ma non dice nulla. Giro intorno al tavolo per sistemare le bottiglie e goffamente colpisco lo spigolo del tavolo, così un bicchiere si rovescia. Fortunatamente non si rompe. Lo rimetto a posto scusandomi per l’incidente. Me ne vado dolorante alla coscia e sconsolato per la figuraccia che ho fatto. 

Anna sta ridendo con la madre e le indica il bicchiere che ho fatto cadere. La madre fa un sorriso malizioso. Sembra che sia a conoscenza dei nostri scambi di sguardi. La loro complicità è estranea al padre che sta leggendo la prima pagina di un quotidiano straniero. La madre si avvicina all’orecchio di Anna, lei si gira verso di me e scoppia a ridere. Si copre la bocca con la mano. Tolgo lo sguardo immediatamente, ma temo di essere stato sorpreso a guardarle. Mi osservo allo specchio del bar, ho il papillon di traverso. Ecco cosa le faceva divertire così tanto! Lo sistemo e vado in cucina. Le spio dalla vetrata della porta. Vorrei non dover più rientrare in sala: mi sento a disagio. 

 

Emma la fornaia si toglie la catenina dal collo, la appoggia alcuni istanti sul mio capo chinato in avanti e pronuncia una preghiera. Non capisco bene le parole, ma sembra che stia invocando dei santi. È un rito per togliere il malocchio. Lo fa nel retrobottega. Molte donne qui in paese vengono da lei, durante la giornata. Chiude la porta del forno per ricevere questi clienti particolari e sulla vetrata appende un cartoncino scritto a mano: “Torno subito”. Mi passa la catenina sulle spalle, poi di nuovo sulla testa. Mi tocca anche le ginocchia, ora. Quando me la passa sulla schiena, mi viene un brivido. Di punto in bianco, Emma fa un sospiro e smette di pronunciare parole magiche. Con la mano sinistra tiene in pugno la catenina e la libera lasciandola penzolare sopra la mia mano destra.
‹‹Uh, Madonna benedetta! Sei pieno di invidia, ragazzo mio! Più oscilla e più invidia hai. Finché non cade ferma, non ti lascio andare.››
La osservo scettico. Lei si fa un segno di croce e ricomincia il rito da capo. Dopo diversi tentativi la catenina finalmente è ferma; l’invidia è stata scacciata. Il mal di testa è andato via.  

Devo imparare ancora tanto dal signor Alfredo se voglio diventare un bravo cameriere. ‹‹Osserva!›› mi dice. ‹‹La prima regola per imparare in fretta è osservare.›› Il signor Alfredo non si agita mai, neanche di fronte alla sala piena. Ha sempre tutto sotto controllo. Io non sarò mai come lui. I clienti mi chiamano contemporaneamente, non riesco a stare dietro alle loro richieste. Il signor Alfredo mi dice: ‹‹Anticipali! Anticipali!››, ma senza spiegarmi cosa voglia dire. Mi chiama il Maresciallo: vuole un caffè e un ammazzacaffè. Li sistemo sul vassoio. Lo tengo con due mani per paura di farlo cadere. Un signore mi urta e la tazzina fa un sussulto. Gocce di caffè finiscono sul piattino. Il signor Alfredo mi rimprovera: ‹‹Non sei ancora in grado di tenere il vassoio con una mano.›› Allora finisco di servire il caffè e l’amaro al Maresciallo e poi gli chiedo come si fa. Lui, secco, mi risponde: ‹‹Non hai mai visto come faccio io?››. Si accende una sigaretta e aspetta che me ne vada. A fine servizio, ci ritroviamo seduti al tavolo del bar. Prende un vassoio, ci mette sopra un bicchiere colmo d’acqua. Si alza e fa un po’ di piroette tenendo il vassoio in mano. Lo regge da sotto con le dita leggermente piegate. Si avvicina a me e finge di cadermi addosso. Faccio un salto, lui ride e dice: ‹‹Neanche una goccia versata. Dai! Ora tocca a te. Fammi vedere!››

Lo imito goffamente. Lui, divertito, si tocca i baffi e si versa del cognac. Accende una sigaretta, fa un tiro e tossisce. ‹‹Dovrei smetterla con questa roba,›› dice.