Pace e riconciliazione tra i popoli. Due sfide cruciali del nostro tempo messe a dura prova. Ferite con il sangue degli innocenti. In Iraq, in Siria, in Ucraina. Hanno attraversato come un vento forte anche la penisola coreana in questa prima giornata di Papa Francesco a Seoul. Terra divisa in due dai primi anni Cinquanta, teatro di una sanguinosa guerra che ha causato un milione e mezzo di morti e tre milioni seicentomila feriti in tre anni. Le due Coree vivono ancora oggi in uno stato di “sospensione temporale della guerra”. La tensione è altissima con il pericolo che incombe di una guerra nucleare. Tutta la regione asiatica è attraversata da una esasperata ricorsa ad armamenti sempre più sofisticati. Si spendono enormi cifre per sopraffare gli avversari, facendo crescere la tendenza al nazionalismo.
Missili sparati dalla Corea del Nord. Che sia una terra “calda” la Corea, lo dimostra una notizia che ha subito cominciato a circolare in mattinata tra i giornalisti accreditati al viaggio papale. A diffonderla sono state fonti militari di Seul. La Corea del Nord ha lanciato tre missili a corto raggio dalla costa orientale nel Mar del Giappone proprio poco prima, appena 35 minuti, dell’arrivo di Francesco in missione pastorale nella Corea del Sud. Padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, ha minimizzato la vicenda. Ma la notizia certamente rivela quanto sia fragile la pace e lontana la riconciliazione tra i popoli del Nord e del Sud di questo Paese. La questione è stata posta con grande evidenza anche dalla presidente della Repubblica della Corea del sud, Park Geun-hye. “È arrivato il momento giusto – ha detto – per aprire una nuova era, un periodo di pace e riunificazione della penisola coreana”. Forte preoccupazione è stata espressa anche dal presidente della Conferenza episcopale coreana che non nasconde a Papa Francesco la difficoltà oggi per le due Coree di avvicinarsi. “Anche se si realizzasse l’unificazione tra le due Coree – osserva -, mi viene in cuore il dubbio e mi preoccupo, se saremo capaci di accettare e abbracciare calorosamente il popolo del Nord considerandolo come proprio fratello e nostro prossimo”.
Cosa può fare Papa Francesco in un contesto così difficile? Come può sanare ferite radicate da anni? Come può smuovere i signori della guerra? Brucia ancora forte il destino di morte in cui si trovano oggi i popoli del Medio Oriente. E la missione di Papa Francesco dimostra quanto sia difficile gettare il seme della riconciliazione nel mondo. “Chiediamo la sua preghiera”. Lo implora la presidente coreana. E il capo dell’episcopato coreano, gli chiede “una benedizione particolare per questa terra”. Papa Francesco ascolta, partecipa. Esprime apprezzamenti per gli sforzi compiuti in favore della riconciliazione e della stabilità. Incoraggia ad andare avanti nel “paziente lavoro della diplomazia” e nella “perenne sfida di abbattere i muri della diffidenza e dell’odio”. Perché – dice – il mondo è “stanco della guerra”.
Il ricordo del videoreporter Camilli. Sul volo che lo stava portando in Corea, Francesco ha chiesto ai giornalisti un momento di silenzio per il videoreporter italiano, Simone Camilli, rimasto ucciso a Gaza durante il disinnesco di un ordigno israeliano inesploso. Un’altra vita spezzata a soli 35 anni, dallo spietato gioco delle armi. “La pace – ricorda Papa Francesco – non è semplicemente assenza di guerra, ma opera della giustizia. E la giustizia, come virtù, fa appello alla tenacia della pazienza; essa non ci chiede di dimenticare le ingiustizie del passato, ma di superarle attraverso il perdono, la tolleranza e la cooperazione”. La pace esige molto: chiede rispetto, comprensione e riconciliazione. Ma la posta in gioco è troppo alta per non aderire alla proposta di “dedicarci alla costruzione della pace, alla preghiera per la pace, rafforzando il nostro impegno per realizzarla”.
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