Del resto il turismo che specula c’è sempre stato, dai tempi delle guerre napoleoniche e dei grandi delitti narrati dalla stampa ottocentesca. E non manca oggi, Italia compresa. Come dimenticare le frotte di guardoni nei pressi del relitto della Concordia oppure la gente fare a spintoni sui luoghi dei recenti massacri pubblicizzati e rilanciati dai media: da Cogne ad Avetrana, da Garlasco a Roma (via Poma), dal Circeo a Erba.
Al turismo macabro si aggiunge il turismo pericoloso: gli pseudoalpinisti sull’Himalaya, avventurieri che pagano fino a 50mila dollari per arrivare in cima all’Everest (come dimenticare i 15 sherpa morti lo scorso aprile per aprire una via “popolare” per raggiungere la sommità dell’Everest?). E poi i safari in Africa, le “gite” tra i campi di coca in Colombia, gli speleologi improvvisati, i paracadutisti della domenica. I finti coraggiosi in altre zone di conflitto, dal Sudan alla Cecenia; il bungee jumping tra i grattacieli di New York… Per non parlare dell’altra deriva, ancor più vergognosa, del turismo sessuale.
Ad alcuni, anzi a troppi, sfugge il valore della vita; qualcuno si dimentica che in guerra si muore davvero. E allora se al turismo macabro sostituissimo il turismo intelligente? Da Gerusalemme giungono appelli affinché le agenzie di viaggio non dimentichino il Medio Oriente, complessivamente sicuro, salvo evitare le aree più calde del braccio di ferro tra Israele e Hamas e, ovviamente, la Siria. Anche perché la Terra Santa ha sempre tanto da insegnare.