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LORETO – Riportiamo le parole del nostro Vescovo nel corso dell’omelia della celebrazione eucaristica svoltasi presso il Santuario di Loreto nel pomeriggio di giovedì 28 agosto, in occasione del Pellegrinaggio Interdiocesano dell’U.N.I.T.A.L.S.I.
“Questa prima lettura ci presenta l’inizio della lettera prima di San Paolo Apostolo ai Corinzi. San Paolo era stato avvisato da quelli della casa di Cloe che a Corinto c’erano delle difficoltà nella Chiesa e San Paolo rispose scrivendo questa lettera ed è interessante che la prima cosa che San Paolo fa è esattamente rendere grazia.
Dice: “Rendo grazia continuamente al motivo della grazia in Dio che mi è stata data da Cristo Gesù”. Rendimento di grazia quindi, e mi pare che qui ci sia un insegnamento per ciascuno di noi che è esattamente questo: San Paolo sa che questa Chiesa sta affrontando qualche difficoltà, ma non si ferma a quello, non dimentica che i doni di Dio sono più grandi di quelle difficoltà che la Chiesa sta affrontando e rende grazia a Dio, cioè sa rendere grazie anche nelle difficoltà.
Mi pare che questo sia un momento estremamente importante, perche San Paolo c’insegna a guardare non soltanto quello che nella vita non fa, quello che ci manca, ma a tener conto di tutti quei doni di Dio che pur la nostra vita ci sogna e c’insegna a saper rendere grazia continuamente.
Quanti sono i doni di Dio che davvero abbiamo! Quanti sono quei doni di Dio che spesso ci dimentichiamo perché siamo pronti a guardare con occhi un pochettino strabici, cioè guardiamo solo in una direzione anche se quello che guardiamo in quella direzione magari è vero, ma ci dimentichiamo di guardare in quell’altra.
La visione della bellezza della vita cristiana è quando la guardiamo nella sua complessità, nella sua globalità, cioè quando ci rendiamo conto alla luce della rilevazione del Signore che Dio viene a salvarci dentro la realtà complessa della nostra vita e che ci guida con i suoi doni verso questa salvezza, attraversando ciò che la vita in qualche maniera ci fa incontrare.
E poi San Paolo prega, dice: “egli il Signore vi renderà saldi fino alla fine, irreprensibili”, cioè dice che all’interno della realtà della nostra vita, dobbiamo imparare ad essere servi fedeli, saldi, restare saldi nella fede. E’ più facile restare saldi nella fede quando non incontriamo degli ostacoli.
E’ facile amare quando non c’è una difficoltà d’affrontare, ma la fede ha bisogno di passare attraverso anche le realtà complesse della vita, perché quando non ci sono difficoltà ci si trova in un amore che non è vero e il Vangelo ci ricorda che dobbiamo essere Servi di Dio. I servi e i fedeli per amore, non per paura. La paura ci chiude, l’amore ci apre. La paura ci rende tristi, l’amore ci rende gioiosi, coraggiosi. La paura ci fa temere il futuro, l’amore ci proietta verso il futuro e ci proietta con speranza verso il futuro.
Se l’amore non è fedele, ripeto, è l’amore che manca di qualcosa di essenziale, è troppo debole, è troppo fragile, è troppo insicuro. Fedeltà al signore, ma come esprimiamo questa fedeltà al Signore? Il Vangelo di Matteo ci dice che dobbiamo vegliare, che dobbiamo essere servi fidati e prudenti. Come viviamo questo? Vedete, siamo servi e fedeli inanzitutto prendendoci cura di noi stessi e della nostra fede, perché dobbiamo prendere cura di noi stessi prima di pensare agli altri, perché non può venire che pensando agli altri, dandoci da fare per gli altri che certamente non è una cosa sbagliata, ma se ci dimentichiamo di noi stessi ci dimentichiamo della nostra fede. Ci dimentichiamo di diventare forti della nostra fede e tutti noi dobbiamo prenderci cura della nostra fede. Dobbiamo vegliare su noi stessi, non dobbiamo mai presumere di noi stessi, tutt’altro. Questo è il primo modo di essere servi e fedeli.
Ma poi siamo servi e fedeli se ci prendiamo cura anche degli altri, perché dice il Vangelo che il padrone ha affidato la casa ai suoi servi e questi servi devono essere fedeli anche quando il padrone è lontano.
Questo vuol dire che dobbiamo essere fedeli non soltanto quando siamo visti dagli altri, non soltanto quando in qualche maniera ci troviamo in mostra, ma fedeli anche quando nessuno ci vede, fedeli anche quando nessuno ci apprezza, fedeli anche quando qualcuno sparla di noi spropositamente e purtroppo c’è sempre anche chi sparla senza motivo. E prendendoci cura degli altri, prendendoci cura della casa del Signore.
Com’è che ci prendiamo cura degli altri? Ci prendiamo cura degli altri innanzitutto con la preghiera, con la preghiera che mette nelle mani di Dio e che guarda gli altri possibilmente con gli occhi stessi di Dio, perché se guardiamo gli altri con gli occhi di Dio, i nostri occhi diventano carichi di bontà, diventano carichi della bontà di Dio e lasciamo da parte tutti gli atteggiamenti impopri, perché Dio guarda sempre, carissimi, a ciascuno di noi con occhi di bontà, anche quando fossimo peccatori, Dio ci guarda con occhi di bontà.
E anche bontà vuol dire occhi che vogliono il nostro bene e ci prendiamo cura degli altri se guardiamo da questo atteggiamento, perché prendersi cura degli altri, carissimi, non è soltanto fare qualcosa per gli altri. Certo, è anche quello.
Ma c’è un fare che mi guarda con occhi di bontà, c’è un fare che non sa cogliere la bellezza e la grandezza dell’altro. No, prenderci cura vuol dire prenderci cura come Dio si prende cura di ciascuno di noi e questo mi pare molto importante. Ci prendiamo cura degli altri offrendo quello che viviamo nella vita, cercando di viverlo bene, cercando di viverlo nella prospettiva del Signore e offrendo tutto questo, perché insieme con l’azione di Gesù ricava positivamente sugli altri e in questo dobbiamo essere attenti, svegli, pronti. Lo abbiamo sempre bisogno nella grazia del Signore, che ci aiuti ad essere cosi perché è chiaro che di fronte a questo noi ci sentiamo delusi, fragili.
Siamo tentati tutti di dire: ma come posso Signore, io sono povero, io non ce la faccio, io non ci riesco. Da soli non ci riusciamo, da soli non riusciamo a portare le croci della nostra vita, non ce la facciamo, siamo troppo poveri, siamo troppo deboli, ma con il Signore sì, con il Signore sì. E allora siamo qui per confermare che la nostra forza viene da questo incontro con il Signore.
E siamo qui anche per imparare da Maria, colei che ha saputo di essere fedele, la donna fedele, la Vergine fedele, che Lei ha curato la propria fede per poi guidare noi. E allora siamo qui per mettere anche la nostra povertà, la nostra fragilità nelle mani di Maria, per chiedere a Maria che sia lei la Mamma.
Quando ci mettiamo ad ascoltare la mamma la ascoltiamo sempre con l’apertura del cuore sapendo che il cuore della madre è un cuore grande ed è un cuore che vuole bene ed è un cuore che vuole insegnarci bene e quindi siamo qui per ascoltare Maria che ci porta Gesù, Maria che c’insegna la strada sicura, Maria che ci aiuta a dire sempre sì al Signore Gesù.
Questo è un modo di vegliare, è un modo per prendersi cura di lui, per prendersi cura degli altri e in questa prospettiva impariamo tutti noi che ci vuole bene. Voliamoci un po’ più bene per camminare sulla via del Signore, voliamoci un po’ più bene per essere sempre più davvero quella Chiesa bella di cui rendiamo grazie al Signore con San Paolo, perché ci sono dei tesori grandissimi che dobbiamo imparare a valorizzare, quei tesori che il Signore ci da ogni giorno e se ne sappiamo cogliere, allora anche il nostro cuore si apre al rendimento di grazie, quel grazie che vogliamo dire nella messa perché il dono più grande è quello di Gesù.
Allora nella messa diciamo Grazie Maria perchè ci hai dato Gesù, che ci accompagna in questo cammino della nostra vita e che ci promette che alla fine il premio non mancherà”.