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Il ”cessate il fuoco” apre la strada al voto in Mozambico

Di Davide Maggiore
Comincia sotto buoni auspici la campagna per le elezioni generali in Mozambico, previste per il prossimo 15 ottobre. Nelle ore in cui iniziano ufficialmente i comizi dei candidati, infatti, la notizia più commentata è ancora quella del cessate il fuoco firmato il 24 agosto dal partito di governo Frelimo (sigla del Fronte di liberazione del Mozambico) e dal movimento d’opposizione Renamo (Resistenza nazionale mozambicana). Le due forze, già nemiche nella guerra civile durata dal 1977 al 1992, avevano ripreso a scontrarsi, su scala ridotta, da un anno e mezzo.
Luci e ombre. I primi effetti dell’accordo sono già evidenti: si può ormai circolare senza scorta nei cento chilometri tra il fiume Save e la località di Muxungue, dove si erano concentrati gli attacchi attribuiti alla Renamo (ma sulla paternità di alcuni episodi erano stati avanzati dubbi). A mettere in luce un punto critico è tuttavia padre Leonello Bettini, missionario comboniano a Beira, seconda città del Paese: “La pace è stata fatta attraverso due delegazioni, perché il leader della Renamo, Afonso Dhlakama, è ancora nascosto nella foresta di Gorongosa e non si sente ancora sicuro di andare a Maputo per firmare ufficialmente l’accordo” con il presidente della repubblica uscente, Armando Guebuza: l’ex guerrigliero, infatti, sostiene di temere per la sua vita. Come candidato alle presidenziali, d’altra parte, dovrà però impegnarsi nella campagna elettorale, che probabilmente, prevede padre Bettini, “farà prevalentemente nelle regioni del centro-nord, dove si sente più sicuro”. Nonostante le difficoltà, giudica il comboniano, il cessate il fuoco resta “un segnale positivo”: valutazione condivisa da diversi analisti locali che, tuttavia, mettono in luce anche le sfide future. “La trasformazione della Renamo in un movimento solo civile richiederà tempo”, ha dichiarato ad esempio lo storico Egidio Vaz all’agenzia Afp. Per il sociologo João Colaço, intervistato dalla statunitense “Voice of America”, invece, la necessità più importante è quella di un “mutamento culturale da parte dei mozambicani”, che li porti a considerare la macchina statale “al servizio di tutti” e non uno strumento di spartizione del potere tra i partiti.
Manovre pre-elettorali. “La popolazione ha accolto bene la notizia del cessate il fuoco, ma vorrebbe conoscere i dettagli, ancora riservati, dei patti che sono stati siglati, come ha chiesto anche Daviz Simango, presidente dell’altra forza d’opposizione, il Movimento democratico del Mozambico (MdM)”, nota da parte sua padre Bettini. Non manca neanche chi dà alla pace un significato politico preciso: un riavvicinamento di Frelimo e Renamo andrebbe infatti a discapito di MdM, che già amministra municipi importanti come quelli di Beira, dove proprio Simango è sindaco, Quelimane e Nampula (nel nord). Stando agli ultimi sondaggi entrambi i partiti avrebbero teoricamente da guadagnare da una simile prospettiva: il Frelimo e il suo candidato, l’attuale ministro della Difesa Filipe Nyussi – secondo una simulazione realizzata a luglio dall’Università Politecnica – manterrebbero un vantaggio a livello nazionale, ma soprattutto grazie al voto delle aree rurali, mentre nelle città, compresa la capitale, sarebbero superati da Simango e dal MdM. In questo contesto, i voti dati a Dhlakama e alla Renamo, ormai terza forza, potrebbero di fatto avvantaggiare i governativi. La “resistenza nazionale” potrebbe invece avere una carta in più nella trattativa per ottenere quello che – sostiene – non le è stato concesso, malgrado i patti, dopo la guerra civile: l’integrazione dei suoi combattenti nelle forze armate – che sembra essere uno dei cardini anche dell’ultimo accordo – e una quota dei proventi delle risorse (soprattutto carbone e idrocarburi) scoperte solo di recente nel Paese.
L’appello del presule. Per la popolazione, che trae beneficio solo marginalmente dalla crescita economica accelerata (le stime del governo parlano di un +8% per quest’anno), la priorità immediata è però un’altra, la stessa evidenziata da monsignor Jaime Gonçalves, arcivescovo emerito di Beira, che fu tra i mediatori della pace successiva alla guerra civile. “Ha chiesto – racconta padre Bettini – che le elezioni siano ‘una festa’, caratterizzata da trasparenza”, richiamando i partiti alle loro responsabilità nel mantenere la pace, premessa indispensabile perché i problemi del Paese siano affrontati.
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