Da Zenit di Salvatore Cernunzio
Buffon, Pirlo, Del Piero, Maldini, Cordoba, Shevchenko, Maradona. A pensarli riuniti insieme, la prima immagine che restituisce la mente è un prato sintetico verde, maglie sudate di diversi colori e un sottofondo di fischi e cori.
Per questo faceva un certo effetto vedere invece queste vecchie e nuove glorie del calcio internazionale immobili e composti su una sedia, in giacca e cravatta, ad ascoltare il Papa sotto le volte dell’Aula Paolo VI. L’occasione è l’udienza con cui il Santo Padre ha voluto dare la sua personale benedizione a chi ieri sera, è sceso in campo allo Stadio Olimpico per la prima partita interreligiosa per la pace.
Una iniziativa ispirata dallo stesso Francesco e messa a punto dal suo connazionale Zanetti, il cui incasso sarà devoluto alle attività caritative di due strutture educative giovanili: Scholas Occurrentes e Fondazione P.U.P.I. Onlus, fondata una decina fa dallo stesso Zanetti e dalla moglie Paula.
Prima di scaldare gli adduttori, i campioni, insieme ai loro allenatori, hanno scaldato quindi anima e cuore nella ‘casa’ del Pontefice, il quale li ha accolti con un grande sorriso, riconoscente per aver “prontamente aderito al mio desiderio di vedere campioni e allenatori di vari Paesi e di diverse religioni confrontarsi in una gara sportiva, per testimoniare sentimenti di fraternità e di amicizia”.
Tra sorrisi, applausi e serie raccomandazioni, il Papa ha snodato poi il suo discorso a partire da quei “valori universali” che il calcio e lo sport in genere possono favorire. Lealtà, condivisione, accoglienza, dialogo, fiducia nell’altro, ha detto; tutti valori che “accomunano ogni persona a prescindere dalla razza, dalla cultura e dal credo religioso”.
“A prescindere”, però, non significa “lasciare da parte”, precisa il Santo Padre. Anzi, la partita di questa sera, al di là della raccolta fondi, vuole essere “un gesto altamente simbolico” proprio per far capire che “è possibile costruire la cultura dell’incontro e un mondo di pace, dove credenti di religioni diverse, conservando la loro identità possono convivere in armonia e nel reciproco rispetto”.
Tutti – prosegue Bergoglio – “sappiamo che lo sport, in particolare il calcio, è un fenomeno umano e sociale che ha tanta importanza e incidenza nel costume e nella mentalità contemporanea”. E la gente, i giovani soprattutto, guarda ai giocatori “con ammirazione” per le capacità atletiche.
Ma se da un lato questo soddisfa, dall’altro implica anche una responsabilità: dare sempre il buon esempio “sia in campo sia fuori dal campo”. “Nelle gare sportive – raccomanda infatti il Pontefice – siete chiamati a mostrare che lo sport è gioia di vivere, gioco, festa, e come tale deve essere valorizzato mediante il recupero della sua gratuità, della sua capacità di stringere vincoli di amicizia e l’apertura degli uni verso gli altri”.
Anche negli atteggiamenti quotidiani, i campioni, “carichi di fede e di spiritualità, di umanità e di altruismo”, possono rendere una testimonianza “in favore degli ideali di pacifica convivenza civile e sociale, per l’edificazione di una civiltà fondata sull’amore, sulla solidarietà e sulla pace”.
È lavorando così che si pongono le basi della tanto auspicata cultura dell’incontro, afferma il Papa. La speranza è quindi che l’incontro calcistico di stasera ravvivi in tutti i partecipanti l’impegno a far sì che lo sport contribuisca a recare “un valido e fecondo apporto alla pacifica coesistenza di tutti i popoli, escludendo ogni discriminazione di razza, di lingua, e di religione”.
Discriminazione soprattutto, perché “discriminare” è sinonimo di “disprezzare”, sottolinea il Vescovo di Roma. Quindi con la partita di oggi, disputata da calciatori provenienti dai più diversi angoli del globo, si può dire “no” ad ogni forma di sprezzante discriminazione. E le religioni, in particolare – prosegue Francesco – “sono chiamate a farsi veicolo di pace e mai di odio, perché in nome di Dio bisogna portare sempre e solo l’amore”.
Intesi in questo modo autentico, religione e sport possono pertanto “collaborare e offrire a tutta la società dei segni eloquenti di quella nuova era in cui i popoli ‘non alzeranno più la spada l’uno contro l’altro.
Allargate i vostri cuori da fratelli a fratelli!”. Questa è infatti l’esortazione che Francesco lascia ad ognuno dei campioni, nonché – dice – “uno dei segreti della vita” e “la dimensione più profonda e autentica dello sport”.