Un handicap può diventare un’opportunità. È quello che ha pensato Flavia Capelletti una ragazza di Vailate (Cremona), trasformando nel 2008 la sua tetraparesi spastica, o “camminata strana” come la definisce lei, in una missione: aiutare le persone disabili a superare le varie difficoltà “in un mondo fatto di corpi perfetti e tanta apparenza”. In questi sei anni la sua onlus “Il Filo creativo di Flavia” ha aiutato centinaia di disabili e disagiati, soprattutto bambini, sia in Italia sia all’estero, non solo materialmente: molti sono riusciti a scoprire, come racconta al Sir, che “nella vita si può essere felici pur avendo qualche problema e che forse sono proprio i problemi a farci apprezzare maggiormente le piccole cose”.
Il filo creativo. L’impegno di Flavia nel volontariato si concretizza già a quindici anni quando inizia a partecipare ai mercatini locali, esponendo oggetti di découpage, per racimolare piccole cifre da destinare ai bisognosi. Quella per i lavoretti fai-da-te è una “passione tardiva” che Flavia, classe 1982, intraprende per fare esercizio, per tenere allenate le mani colpite dall’handicap. E da quelle mani nasce la voglia di fare di più, di spendersi per gli altri, di organizzarsi e di creare. Nel 2008 fonda così il “Filo creativo”, che deve il suo nome a quel “filo invisibile che lega tutte le persone che si amano”.
I progetti realizzati. Flavia è un fiume in piena e attraverso Facebook sviluppa una rete di conoscenze che le permettono di mettersi in contatto e raggiungere tanti soggetti bisognosi. Raccoglie abiti, libri e materiale usato che spedisce per tutta Italia. Con la vendita delle sue piccole creazioni – bomboniere, cornici, addobbi natalizi, calendari – riesce a impegnarsi in diverse iniziative. Contribuisce alla creazione di due case in Senegal e paga il viaggio dalla Tunisia all’Italia ad Ayoub, affetto dalla rara sindrome di George, per il ricovero nel reparto di lunga degenza del Gaslini. Qui Flavia si reca personalmente per conoscere lui e gli altri piccoli pazienti tra cui Sara, di 12 anni, che purtroppo non ce la fa. In questi mesi molte delle energie della onlus di cui è presidente sono concentrate su “Benedetta, una bambina di Cisano Bergamasco, che soffre di tetraparesi spastica. Stiamo pagando l’ascensore per farle raggiungere la sua abitazione. Per uscire di casa, per andare a scuola, fare fisioterapia, musicoterapia o solo per una passeggiata, la madre doveva prenderla in braccio e portarla su e giù per le scale. La settimana prossima compirà 11 anni e le organizzeremo una festa per la raccolta fondi. Mancano solo 6mila euro per raggiungere quota 26mila”.
Il volontariato. Flavia non è sola e può contare sulla collaborazione e sul sostegno di una quarantina di soci sparsi in tutta Italia. Tra i tanti, una persona che soffre di sclerosi multipla: le ha regalato racconti e fiabe che sono stati pubblicati in un libro. Il ricavato della vendita ha sostenuto un progetto per bambini autistici. I progetti in cantiere sono troppi per essere ricordati uno a uno: perché quel Filo a cui sono appese le speranze di molti non si spezzi, sottolinea Flavia, “c’è bisogno di volontari. Purtroppo i giovani non sono molto interessati. Ci sono tante persone che hanno tempo a disposizione, dovrebbero occuparlo e dare una mano e si sentirebbero meno sole e tristi”. Da queste esperienze, che secondo Flavia dovrebbero avere anche uno sbocco occupazionale, le persone “potrebbero ricevere tanto coraggio e amore, il triplo di quello che danno”.
La presenza su Facebook. “Facebook è una grande opportunità e va usato bene – osserva Flavia, che lo utilizza moltissimo -. Ogni giorno aiuto tanta gente sola che ha bisogno di parlare con qualcuno. Ci sono diversi gruppi in cui le persone si riuniscono e condividono i loro problemi e le loro esperienze”. Il consiglio di Flavia è di “concentrarsi di più su quello che si può fare, piuttosto che su ciò in cui non si riesce”. Ma anche di “porsi in modo diverso. I disabili che hanno voglia di vivere in questa società spaventano perché siamo abituati a vederli tristi, in casa ad aspettare la compassione di qualcuno. Beh, io vivo… voi spaventatevi!”.