Settembre è un mese cruciale per le famiglie. Al rientro dalle vacanze è sempre un’impresa per i genitori riuscire a organizzare ai figli l’agenda di un anno intero. Al loro fianco la scuola e tutte quelle agenzie educative che, finite le lezioni in classe, li accompagnano per gran parte del pomeriggio. Dalla parrocchia alla scuola di musica, dall’associazione sportiva al corso di lingua. I nostri figli non sono mai soli: c’è, infatti, un “intero villaggio” che li assiste nella crescita. “Per educare un bambino ci vuole un villaggio” dice un famoso proverbio africano che Papa Francesco ha ripreso il 4 settembre durante l’incontro con i direttori di Scholas Occurrentes. Coordinare tutte queste occasioni di crescita non è affatto semplice e il rischio di sovraccarico è sempre dietro l’angolo.
Tante occasioni per crescere. “Dal punto di vista dei genitori c’è il desiderio che il figlio si sperimenti in nuove attività, che conosca nuovi ambienti e persone e che si metta in gioco su abilità ‘altre’ rispetto a quelle scolastiche”, spiega al Sir Elena Gatti, docente di psicologia all’Università Cattolica di Milano e Brescia. “Tale visione è sicuramente coerente con il concetto psicologico di crescita, dove grazie alle nuove sperimentazioni, il bambino accresce non solo le connessioni interneurali, ma riesce anche a sviluppare competenze e abilità che gli rivelano un senso di sé sempre più multidimensionale. Queste attività inoltre possono diventare un fattore protettivo contro gli insuccessi scolastici e proteggono dunque l’autostima”.
Il sovraccarico. Il rischio però è sempre dietro l’angolo. “Attenzione al sovraccarico – ricorda Gatti – non solo cognitivo ma anche emotivo. Se, infatti, ci mettiamo nei panni del bambino, quando le attività proposte diventano massicce e vanno a coprire quasi completamente il dopo-scuola del piccolo, ecco che invece del divertimento e dello svago compaiono la confusione e il disorientamento”. Bambini che corrono da una parte all’altra della città dopo aver già trascorso almeno sei ore di scuola per presenziare ai corsi di danza, nuoto, musica o altro, “non solo non riescono a cogliere in essi un’opportunità di crescita, ma al contrario vivono tutto questo con fatica e confusione”.
La noia stimola la creatività. “Il bambino deve fare il bambino e si deve anche annoiare per poter mettere in moto la sua creatività”, concorda Laura Maria Fabiani, maestra elementare di Grottaferrata. In un mondo che iperstimola sia i grandi sia i piccoli, “penso sia più che mai necessario lasciare ai bambini del tempo in cui ‘non far nulla’ perché è proprio nella noia che si mette in moto la fantasia, la creatività e l’invenzione. Ogni bambino deve imparare a tollerare l’attesa e riempire il vuoto che si crea dal far niente”.
La famiglia. Conciliare tutte le attività con le esigenze della famiglia spesso è un’impresa. Soprattutto se i figli sono più di uno, se i genitori lavorano full time e non hanno aiuti da familiari, se ci sono difficoltà economiche. “Cerco di non fare scelte professionali che mi portino via troppo tempo per riuscire ad aiutare la famiglia”, racconta Giuseppe Tortora, di Ostia (Roma), che con Grazia ha tre figli più uno in arrivo. Per loro ogni bambino ha delle inclinazioni particolari e nella scelta di un’attività è indispensabile tenerne conto. Molto importante è la “rete di aiuto e la collaborazione tra famiglie che aiuta là dove i genitori hanno difficoltà. Poter essere sempre presente per un genitore non è semplice per cui bisogna investire su questi rapporti”.
Sport palestra di vita. Tra le tante attività quelle sportive sono senz’altro le più gettonate. “Al di là del gioco e divertimento, che sono senz’altro aspetti fondamentali, nello sport un bambino può trovare anche un modello educativo” spiega Mattia Costa, allenatore di ginnastica a Firenze. “Il rispetto per le regole e per l’avversario, l’impegno e l’onestà nel raggiungere un traguardo, l’aiutarsi a vicenda nei giochi di squadra: sono degli insegnamenti fondamentali che i piccoli, speriamo, possano portare nella società una volta diventati adulti”. D’altronde lo ha ricordato, lo scorso giugno, anche Papa Francesco al popolo del Centro sportivo italiano: “Appartenere a una società sportiva vuol dire respingere ogni forma di egoismo e di isolamento, è l’occasione per incontrare e stare con gli altri, per aiutarsi a vicenda, per gareggiare nella stima reciproca e crescere nella fraternità”.