C’è gioia, amore, passione in quell’abbraccio tra nonna e nipote. C’è il calcio trasmesso e respirato di generazione in generazione in una famiglia romana unita e semplice, dal sapore antico (ma per fortuna anche nuovo) e genuino. “È stata un’emozione grande oggi per me”, ha confessato nonna Aurora prima di lasciare lo stadio: “Non sono stata bene, per questo non ero mai venuta a vederlo allo stadio. Mi sono messa a piangere perché anche mio marito Nisio giocava a pallone, e Alessandro mi ha ricordato lui”. “Mi hanno tramandato questa passione”, ha confermato Alessandro condividendo la sua gioia con l’Olimpico. Una famiglia “pallonara” contagiosa.
Perché il calcio, come la fede, si trasmette per contagio. Chissà se ci sarà anche nonna Aurora tra le decine di migliaia di nonni di tutto il mondo che domenica prossima, in piazza san Pietro, incontreranno per la prima volta il Papa? Noi, lo confessiamo, facciamo il tifo per lei, vestaglietta di maglina e fazzoletto bianco enorme per asciugare le lacrime. Di gioia, stavolta. Mi ricorda tanto la mia bisnonna Maria, stessa stazza e fisico prorompente e generoso, stessa battuta ironica e tagliente che sa farsi affettuosa e sciogliersi di fronte alle sorprese degli affetti. Lei metteva l’immancabile fazzoletto immacolato nella manica del vestito, d’inverno, o nelle tasche della sua “vestaglietta”, d’estate, in modo da tenerlo sempre a portata di mano.
Per salutare nonna Aurora, prendiamo in prestito le parole del tecnico della Roma, Rudi Garcia, che ha rivolto al suo giovane giocatore, ammonito come da regolarmente per il gesto che ha fatto: “Pagherà la multa, è multa, ma penso che lo farà veramente con felicità. L’abbraccio tra di loro è un’immagine bellissima, ricca di emozione, la nonna era felice, commossa. E io sono contento di vedere queste immagini nel calcio. È così che deve essere”. E allora: “Evviva le nonne!”. Magari cattoliche, in grado di trasmettere la fede (non solo calcistica) di generazione in generazione.