Qualcuno potrebbe pensare che l’ufficio marketing del Vaticano sia impazzito e abbia avviato un restyling un po’ audace della produzione figurativa cultuale, ma la verità è che la versione religiosa dei due manichini mignon è ufficialmente la provocazione di due artisti argentini, Pool Paolini e Marianela Perelli. I 33 esemplari prodotti faranno parte dell’esposizione “Barbie, The Plastic Religion” nella quale Barbie e Ken rappresentano figure della religione cattolica, buddhista e di altri personaggi legati al sacro. I due artisti hanno garantito di non voler urtare la sensibilità religiosa dei fedeli di alcuna religione: questa la ragione, ad esempio, per cui manca un Ken in versione Maometto.
Fin qui la notizia. Da adesso cominciano le domande. Chi ha diritto e chi no a vendere immagini legate ai culti religiosi? In base a quale discrezione e attenzione la Madonna sì e Maometto no? Che differenza c’è tra provocazione e cattivo gusto? La religione è davvero così di plastica che si può ridurre la devozione a oggettistica? Sono gradite risposte, anche se le installazioni artistiche (vogliamo definirle così?) non arriveranno mai nei negozi. Intanto invitiamo i genitori a lavorarci su fin d’ora, a spiegare ai figli perché una bambola non sempre è un omaggio, per decostruirne il ruolo fittizio e ricostruire la catechesi vera. Prima che si comincino a vendere anche la chiesa apribile completa di accessori o che qualche buontempone si inventi profeta della madonna Barbie.