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“La decapitazione non è un atto religioso ma puro assassinio”

stengerDi Maria Chiara Biagioni
“Orrore”. Non ha altre parole per descrivere cosa ha provato nel guardare in tv la notizia della decapitazione dell’ostaggio francese Hervé Pierre Gourdel. Monsignor Marc Stenger è vescovo di Troyes ed è presidente di Pax Christi Francia. Conosce molto bene le terre martoriate dalla follia omicida dell’Isis. All’inizio di agosto ha fatto parte di una piccola delegazione di vescovi francesi che sono andati in Iraq per portare la solidarietà dei cristiani di Francia al popolo iracheno. Ora la sua voce si incrina di fronte alla decapitazione di Gourdel. “Più forte del sentimento – dice -, è stato l’orrore di fronte alla barbarie di cui gli uomini sono capaci. Lo abbiamo già visto con gli ostaggi inglesi e americani decapitati nei giorni scorsi. È importante però reagire e ricordare che l’uomo è capace anche di fare il bene. Dobbiamo cioè sforzarci di non rimanere in questa immagine negativa e tragica sull’uomo e sulla storia”.
Che cosa la preoccupa di più?
“Credo che oggi dobbiamo resistere a due tentazioni. La prima è la tentazione di generalizzare. Questi gruppi si autodefiniscono musulmani e affermano di agire in nome dell’islam. Sono affermazioni gravi che mettono in causa tutti i musulmani. Abbiamo il dovere di ricordare che questi gruppi non hanno nulla a che vedere con la religione perché nessuna religione può macchiarsi di questi crimini e permettere di trattare l’uomo in questo modo crudele, negando ogni umanità. Quello che fanno, non è un atto religioso. È puramente un assassinio. E la seconda tentazione che bisogna evitare, è quella di non limitarsi alla risposta. Mi spiego: attualmente sono in corso azioni armate contro il sedicente Stato islamico. Occorre certamente fermare l’aggressore. Ma non dobbiamo rimanere a questo livello, reagire cioè con la sola forza delle armi. Sebbene in casi come questi il loro ricorso può avere una certa legittimazione, occorre anche ricordare che la violenza genera sempre violenza”.
Il governo francese è impegnato contro l’Isis insieme agli Stati Uniti. Cosa pensa esattamente rispetto a questo impegno militare?
“Rispondo a questa domanda ripetendo quanto Papa Francesco ha detto proprio a questo riguardo e cioè che quando c’è un’aggressione ingiusta, è lecito fermare l’aggressore ingiusto. Ci troviamo di fronte a una banda di assassini che bisogna fermare. E fermarli significa impedire loro di agire”.
E quello che stanno facendo può essere paragonato a un genocidio di popolo?
“Certo, veda per esempio l’ostaggio francese che è stato ucciso. Non so a che religione appartenesse Hervé Gourdel. Ma certo, non è stato ucciso per la sua appartenenza cristiana. Sono puri assassini”.
Come stanno reagendo i musulmani francesi di fronte a questa barbarie?
“Assolutamente in modo chiaro. Nei giorni scorsi i responsabili musulmani di Francia hanno condannato con una dichiarazione congiunta i crimini commessi dall’organizzazione ‘Daesh’ e hanno affermato che questa organizzazione non ha nulla né di Stato né di islamico e in sintonia con le autorità cristiane hanno condannato anche le azioni criminali perpetrate contro i cristiani di Iraq e di Siria. Molto importante è stato anche il loro appello ai giovani musulmani di Francia perché non si lascino tentare dall’andare a combattere a fianco di questi terroristi”.
Che cosa dire alla Francia in giorni così tristi?
“È un momento in cui l’orrore ci ha presi con la decapitazione di un uomo francese per mano di un gruppo criminale legato all’Isis. Di fronte alla morte cruenta di un innocente facciamo appello a tutti gli uomini di buona volontà perché non cedano alla tentazione di generalizzare, facendo pagare ad altri con l’esclusione e la condanna le azioni efferate commesse da qualcun altro. Che sia chiaro a tutti che queste azioni non hanno nulla di islamico e non appartengono a nessuna religione. È invece il momento di unirci tutti, credenti di tutte le religioni e umanisti, per condannare insieme la barbarie e impegnarci là dove siamo di mettere in opera gesti di fraternità, di rispetto e di accoglienza soprattutto verso chi è diverso da noi. Non dobbiamo fermarci alla indignazione. È il momento di costruire gli uni con gli altri un mondo di comunione e di pace. È il momento di agire con gesti chiari e concreti che permettono di costruire ponti di amicizia e di pace. È questa la sola via per uscire dal meccanismo infernale della violenza orribile e barbara”