La via del dialogo, perché “dove c’è la volontà, c’è una strada”. La Chiesa cattolica di Hong Kong rilancia la via della riconciliazione in queste ore cruciali per il destino dell’ex colonia britannica. I manifestanti hanno lanciato un ultimatum al governo di Chun-ying Leung: “Deve dimettersi entro la mezzanotte di domani o fronteggiare nuove e aggressive forme di protesta”. L’ultimatum è stato annunciato dai leader dei due principali movimenti studenteschi che, da domenica scorsa, stanno animando le manifestazioni per le riforme democratiche nell’ex colonia. Leung – che ha dichiarato più volte di non avere alcuna intenzione di lasciare la sua carica – è stato contestato anche questa mattina durante la cerimonia per il 65esimo anniversario della Repubblica popolare di Cina.
Non si ferma la protesta degli studenti anche se oggi ad Hong Kong è festa nazionale. Durante l’alzabandiera, per la celebrazione del 65esimo anniversario della Repubblica popolare di Cina, alcuni studenti hanno superato il servizio di sicurezza e contestato Chun-ying Leung, prima di essere allontanati. Poi la notizia. In una conferenza stampa tenuta ad Admirality, una delle aree del centro occupato dalla scorsa settimana dai manifestanti, i portavoce delle due principali organizzazioni studentesche – Lester Shum, della Federazione degli studenti di Hong Kong, e Agnes Chow, di Scholarism – hanno detto che se il “chief executive” non si dimetterà, i giovani occuperanno una serie di edifici pubblici. Ma il braccio di ferro non si allenta e Leung ha dichiarato di non avere alcuna intenzioni di lasciare la sua carica.
In queste ore cruciali arriva l’appello alla riconciliazione dal cardinale John Tong, arcivescovo di Hong Kong. Facendo riferimento agli eventi “spiacevoli” avvenuti a Central, Admiralty e Wanchai negli ultimi giorni, il cardinale Tong ha invitato il governo della Regione amministrativa speciale di Hong Kong “a mettere la sicurezza personale dei cittadini al primo posto nella lista delle proprie preoccupazioni, esercitando moderazione nell’uso della forza e cercando di ascoltare la voce delle giovani generazioni e dei cittadini di tutti i ceti sociali”. “È anche mio sincero desiderio – ha continuato il porporato – che tutti coloro che stanno cercando di esprimere le proprie obiezioni e rimostranze siano persistenti nel mantenere la calma. Dove c’è la volontà, c’è una strada. Come cristiani, crediamo che avendo Dio come suo Creatore, il nostro mondo può sempre offrirci una speranza. Pertanto, vorrei chiedere a tutti i cristiani di continuare a pregare per la riconciliazione delle parti in conflitto a Hong Kong e per la pace e il benessere della nostra comunità”.
Quanto sta accadendo a Hong Kong fa parte di un lungo processo intrapreso dall’ex colonia britannica verso la democrazia. “È un cammino – commenta Francis Yan – ed è molto positivo quello che i giovani stanno facendo”. Francis è cattolico di Canton. Ha studiato economia ed ha vissuto anni ad Hong Kong. Oggi vive in Italia dove è attualmente consigliere al Centro internazionale del movimento dei Focolari. “I giovani – dice – stanno manifestando in modo pacifico. Si sono comportati fino ad oggi molto bene non rispondendo alle provocazioni”. La polizia ha infatti usato i gas lacrimogeni contro i manifestanti ma i ragazzi non hanno ceduto alla provocazione e hanno mantenuto la calma. D’altra parte è ancora forte in questa terra l’esperienza vissuta in piazza Tienanmen. “L’importante – aggiunge Yan – è che i giovani non siano sfruttati con i loro ideali. Dietro la folla ci possono essere vari interessi politici o poteri finanziari forti che mandano i giovani avanti. Magari forze internazionali. Non si può non considerare che Hong Kong è un importante centro finanziario off shore della valuta in competizione con il dollaro americano”. Insomma, quanto sta accadendo nell’ex-colonia britannica, rappresenta “un passo importante nella storia cinese verso la democrazia ma è importante – conclude Yan – fare questi passi in modo graduale. I giovani stessi stanno manifestando per la democrazia, vogliono un modello democratico che non sia copiato dall’Occidente ma sia adatto alla cultura del loro Paese. E per realizzare questo sogno ci vuole dialogo e spirito di riconciliazione tra tutte le parti. Quando c’è la volontà, si può arrivare al dialogo, basta volerlo”.