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Un anno fa morivano 368 eritrei a largo Lampedusa

Lampedusa

Pubblichiamo il comunicato dell’Ufficio Migrantes

E’ passato un anno dalla strage al largo dell’isola di Lampedusa, dove morirono 368 eritrei: persone in cammino, persone in fuga, uomini, donne e bambini che avevano il diritto di essere accompagnati da una situazione di persecuzione e violenza a un luogo di pace, mentre hanno trovato la morte nel ‘nostro mare’. Papa Francesco ci ha fatto giustamente vergognare per essere stati incapaci di accompagnare e accogliere queste persone e famiglie.

A un anno di distanza, alla condivisione del dolore per i familiari che, grazie anche all’iniziativa del Ministero dell’Interno a cui collabora anche la Migrantes,  speriamo possano riconoscere tra i morti i propri cari, alla preghiera ecumenica e interreligiosa che si alzerà dalla chiesa  e dalla piazza di Lampedusa,  presieduta dal card. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti,  con la presenza del  Presidente della Migrantes, l’arcivescovo di Agrigento S. E. Mons. Francesco  Montenegro, si uniscono alcune preoccupazioni. Non possiamo nascondere la preoccupazione che la fine dell’operazione Mare nostrum, e la sua sostituzione con un’iniziativa non ben definita che sembra andare nella direzione del controllo dei confini e non del  salvataggio e dell’accompagnamento dei migranti in mare, rischierà di aggiungere ancora morti nel cimitero del Mediterraneo. Non possiamo nascondere la preoccupazione della mancanza di una programmazione e di una provvisorietà nell’accoglienza di chi chiede una protezione internazionale in Italia, soprattutto  per i minori. Non possiamo nascondere la preoccupazione che alcuni Paesi europei, a fronte di nuovi arrivi di migranti dal Corno d’Africa, dal Medio Oriente e dai Paesi del Sud Sahara, ripropongano la chiusura delle frontiere, mettendo in discussione il cammino europeo dopo Schengen.

L’auspicio della Migrantes in questo giorno è che non si dimentichi la tragedia di Lampedusa, ma soprattutto  si rinnovi concretamente il cammino di costruzione di un’Europa solidale: che sappia condividere le risorse, perché i Paesi poveri possano crescere e le persone possano avere il diritto di rimanere nel proprio Paese; che sappia  rendere effettivo il diritto alla protezione internazionale.