La mamma si chiama Franca Forte. Forte di nome e di fatto. Infermiera di professione e di fatto. 66 anni, allegra, occhi brillanti e piglio pratico, abbigliata con il classico velo e la divisa bianca delle damine dell’Unitalsi, comunica con il figlio Domenico, 44 anni, tramite l’Etran, il quadrato di plastica trasparente con le lettere stampate. Domenico non parla e non si muove da 10 anni a causa di una polmonite e conseguente arresto cardiaco che lo ha reso spastico, a soli 8 mesi dal matrimonio e con un figlio appena nato. Oggi guarda le lettere una dopo l’altra, e dal suo sguardo, mamma Franca capisce la parola “Grazie”. Dai suoi occhi miti e profondi, dalle espressioni e dal colorito del volto che cambia, si percepiscono tutte le emozioni, i sentimenti, le comprensioni. In questi giorni alloggiano all’ospedale francese nei pressi del santuario di Lourdes, in pellegrinaggio insieme ad altri 8.500 malati e volontari dell’Unitalsi, che ogni anno arrivano qui con i treni bianchi e gli aerei per il raduno nazionale. Franca e Domenico sono partiti da Formia lunedì 29 settembre e sono arrivati a Lourdes dopo 36 ore di un viaggio difficile. Per 12 ore sono rimasti bloccati alla stazione di Avignone a causa di un violento temporale che ha causato una frana a Montpellier. È stato faticoso, ma tutto vale la pena pur di arrivare a questo appuntamento annuale che per loro è una vera e propria “festa”, rispetto alla durezza dell’ordinario. “La mia forza è qui”, dice convinta Franca. Viene a Lourdes da 23 anni. L’unica parola che Domenico riesce a pronunciare, non a caso, è: mamma.
“Un carico molto grande”. Prima della polmonite e dell’arresto cardiaco del figlio, Franca già accudiva un marito disabile, che da 22 anni vive con l’ossigeno, tanto da farle dire che “Domenico è il male minore”. Ha un’altra figlia di 42 anni, da poco uscita di casa, e una madre di 87 anni autosufficiente. “Un carico molto grande”, ammette, spegnendo per un attimo il suo sorriso gioioso e diventando seria. “Però qualche volta piango anch’io”. Una vita quotidiana fatta di piccolissime cose: lavare il figlio e portarlo al bagno, frullare il cibo per dargli da mangiare con una cannuccia, sistemarlo su una sedia e cercare il canale di Radio Formia che gli fa compagnia tutto il giorno, metterlo a dormire. Ogni tanto si concedono l’atteso momento di piacere: andare a prendere il gelato, “quello buono e artigianale, però”. L’aspetto sorprendente della testimonianza di Franca, dovuta alla sua fede incrollabile e alla sua devozione alla Madonna di Lourdes, è che si sente una graziata. “Domenico è nato con un buchetto al cuore e tutti mi dicevano che doveva morire – racconta -. Invece a 5 anni ha fatto una operazione, sono tornata a Lourdes ed è guarito. Ha trovato lavoro, si è fidanzato, sposato e ha fatto un figlio. Ed è ancora qui, nonostante tutto”.
“Senza la fede sarei impazzita”. Il capitolo scomodo, ovviamente, è il figlio di Domenico – che ora ha 10 anni – e la giovane moglie, che pochi anni dopo la disgrazia si è rifatta una vita e ha avuto un altro bambino. Franca è risentita per il comportamento della nuora e del nipote, perché raramente sta con il padre. Quando se ne parla dal volto di Domenico traspare sofferenza. Ma basta cambiare argomento e tornare a Lourdes per rivedere nei suoi occhi la stessa emozione commossa di quando sta davanti alla grotta delle apparizioni. “Senza la fede sarei impazzita – confida Franca -. Invece, grazie a Dio, andiamo avanti. Questa è la vita che ci è toccata, ce la teniamo”. Da sabato 4 ottobre, fine del pellegrinaggio, si iniziano a mettere da parte i soldi per l’anno prossimo.
La storia di Lorenzo. Lorenzo Bocchini, vive a Torino di Sangro (Chieti), ha 23 anni, lavora come geometra e si sente un miracolato dalla Madonna: a 16 anni, il 28 dicembre 2007, è entrato in coma dopo un incidente sugli sci con frattura di tibia e perone, il padre gli ha messo al collo una medaglietta con l’immagine di Maria e un rosario sotto il cuscino. Tantissime persone, in quei lunghi 5 giorni costellati di episodi di malasanità che la famiglia non ha voluto denunciare, hanno pregato per lui. È guarito contro ogni previsione clinica. “Quando i medici guardano oggi la mia cartella clinica sono increduli e mi dicono: ma davvero sei tu?” Il 2008 è stato per lui un anno di eventi dolorosi molto significativi. Come la morte improvvisa, in un banale incidente di motorino, del compagno di banco, proprio colui che gli dava la forza e lo spronava a ricominciare a vivere. “In quell’anno mi sono fatto tanto domande – dice -. Finché per la prima volta sono venuto a Lourdes come volontario e ho sentito una commozione e una pace incredibile. È stato come tornare a casa. Ho capito che la Madonna ha sicuramente un disegno su ognuno di noi: io forse gli servivo ancora per qualche anno”. Da allora torna ogni volta in quella che chiama “la mia seconda casa” per rendersi utile con gli ammalati.