Cara Assessora, in un Paese che fa sempre meno figli causa crisi (il Censis ne ha appena certificati la bellezza di 62mila in meno), i genitori di terzi figli e oltre non sono propriamente dei privilegiati, semmai degli eroi civili. Potremmo qui ricordare quanto in altre nazioni europee spesso chiamate a esempio per la tutela dei diritti civili si faccia per le famiglie e per i bambini, in termini di servizi, di sussidi, di scuola, di politiche sociali, di fiscalità più equa. Oppure si guarda all’estero solo quando fa comodo? Non stiamo qui a menzionare il fatto che due figli sono la semplice sostituzione dei genitori ed è dal terzo in poi che si (ri)popola un Paese. Con tutte le ricadute in termini di crescita del caso. Non staremo nemmeno a fare qui matematica elementare, spiegando che dover pagare una retta in più a 120 euro al mese, vuol dire dover assottigliare in misura significativa un bilancio familiare già all’osso. Vuol dire cancellare qualcos’altro, perché se da un lato si sottrae non è che dall’altro si moltiplica: o la retta del terzo o la palestra del primo. Lei cosa sceglierebbe? Un bambino non è un’auto nuova.
Fare figli non può essere una colpa, non può diventarlo. Non può essere, questo ci sta dicendo lei cara Assessora, un privilegio da ricchi. Qualche anno fa, un sindaco romano segretario del principale partito di Sinistra scelse lo slogan kennediano “I care”, le stesse parole scolpite sulla porta della scuola di Barbiana fondata da Don Lorenzo Milani. “I care”, “mi faccio carico, me ne preoccupo”: Don Milani le aveva scelte come simbolo della sua scuola perché erano esattamente il contrario dello slogan fascista “me ne frego”. Ogni tanto, per dire, ci si potrebbe anche pensare un po’ su.