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Il matrimonio cristiano secondo Walter Kasper

Robert Cheaib da Zenit

La realtà del matrimonio appartiene allo stesso tempo all’ordine della creazione e a quello della redenzione. Questa sua coappartenenza la rende inevitabilmente una dimensione contesa. Basti pensare alle frizioni diffuse intorno all’attuale Sinodo speciale dei vescovi dedicato alla famiglia per accorgersi che il matrimonio va trattato considerando entrambe queste dimensioni: quella naturale e “terrena” e quella soprannaturale e teologica. Non è possibile maturare nella teologia del sacramento senza integrare l’ordine della natura. Vale anche il rovescio della medaglia.

Le riflessioni dell’allora professore di dogmatica di Tubinga e di Münster, Walter Kasper, che scriveva sul matrimonio cristiano, nell’ormai lontano 1977, mantengono una sorprendente attualità. Egli destava l’attenzione all’allarmante discrepanza «tra la dottrina ufficiale della chiesa e le convinzioni praticamente vissute di molti fedeli» nelle questioni legate alla sessualità e il matrimonio. Kasper è convinto che un contributo per rimarginare questa spaccatura non deve avvenire a suon di massime e di prese di posizione sentimentali e sensazionali. Per questo si dedica nell’opera Il matrimonio cristiano a un riflessione sui fondamenti del matrimonio con una considerazione germinale sul senso dell’amore e della fedeltà nella visione cristiana e la conseguente comprensione del matrimonio sacramentale.

Il piccolo volume di Kasper era apparso in due edizioni italiane sotto il titolo Teologia del matrimonio cristiano (nel 1979 e nel 1985), Ma erano già tanti anni che il libro non era più reperibile nelle librerie. È merito della Queriniana riproporre quest’opera che, seppure abbia raggiunto quasi mezzo secolo dal suo esordio, mantiene il suo valore per diversi motivi.

Prima di tutto, l’opera documenta i fondamenti antropologici, biblici e spirituali della teologia del matrimonio. Ma tal documentazione – a dire il vero sommaria e breve – diventa ancor più rilevante grazie alla sensibilità pastorale e all’auditus temporis con la quale l’autore espone i nodi spinosi posti dalle emergenti situazioni pastorali del periodo.

Kasper evidenzia che la problematica teologica del matrimonio non deve fare i conti soltanto con la dimensione morale o con lo sviluppo delle scienze che pongono continue problematiche di natura bioetica. Il matrimonio affronta una grande crisi che affonda le sue radici nel cambiamento sociologico che ha modificato i parametri e gli scenari che portavano alla costituzione della coppia. Il passato, infatti, il matrimonio era un affare di famiglia, di tribù e anche di un’intera monarchia. Il fortunato passaggio, dalla dimensione dell’interesse sociale alla dimensione privata dell’amore, che è stato un grandissimo e indiscutibile guadagno dell’amore, ha portato con sé i fattuali effetti collaterali della fragilità del legame qualora questo venisse fondato soltanto sul sentimento e sul trasporto emotivo. L’autocomprensione della coppia, non più omologata al dovere sociale ma al trasporto amoroso ha inevitabilmente delegato la stabilità del matrimonio alla maturità della singola persona e contemporaneamente alla solidità e maturità del legame instauratosi tra i due coniugi.

Kasper nota inoltre che la privatizzazione dell’amore non ha portato sempre a una sua maggiore autenticità. Guardando alle forme di contratto amoroso in senso largo nella società del XX secolo, Kasper vede vari fenomeni come il libero amore, il matrimonio di prova, le relazioni aperte, ecc. Per questo motivo egli osserva che la privatizzazione dell’amore non ha condotto necessariamente alla sua personalizzazione, ma a volte anche alla «cosificazione e alla spersonalizzazione di esso».

Dato il cambio di registro nella sociologia del matrimonio, è urgente recuperare il senso vero dell’amore affinché non sia identificato con un mero e effimero sentimentalismo. Per facilitare la comprensione presentiamo alcuni degli assunti in forma di elenco:

– Questa rinnovata comprensione dell’amore deve partire da un’ermeneutica della persona, non in chiave naturalista ma in chiave personalista: sono io in relazione a un tu.

– L’esperienza dell’amore deve essere un’esperienza che coinvolge tutta la persona.

– L’amore deve essere fecondo, ovvero aprirsi alla vita, all’ospitalità, alla creatività. L’amore – in altre parole – deve diventare l’incentivo di esplosione di bene in ognuno dei coniugi e di tutti e due.

– L’amore va di pari passo con la fedeltà. La fedeltà è il nome dell’amore nel tempo. Ciò che distingue l’amore umano è la sua capacità di promessa.

– La fedeltà e la fecondità coniugale «non è soltanto un simbolo che rimanda oltre se stesso, ma è già anche partecipazione alla fedeltà di Dio». È qui che si comprende il volto sacramentale delle nozze.

Infine, la dimensione sacramentale delle nozze non va ricavata dai dati antropologici, ma in dialogo con la novità della Rivelazione biblica in genere, e quella cristica in particolare perché «come non si può cavare un poema dalle regole della grammatica, così non si può dedurre la sacramentalità del matrimonio in modo antropologico. La sacramentalità del matrimonio è piuttosto una “condensazione” creativa, indeducibilmente nuova, ed una determinazione di ciò che è accennato in forma generale ed indeterminata nella figura umana del matrimonio».

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