Di Maria Gabriella Filippi da Zenit
Il primo papa a prendere l’aereo, il primo a fare un viaggio apostolico in Terra Santa (sei mesi dopo l’elezione al soglio pontificio e con tanto di Concilio in corso) il primo papa a togliersi la tiara, fu lui, Paolo VI.
È stato il cardinale Giovanni Battista Re, Prefetto emerito della Congregazione per i Vescovi, a ricordarne alcuni gesti in una testimonianza durante il briefing di questa mattina in Sala Stampa vaticana, in preparazione al grande evento della beatificazione.
“Era per mostrare al mondo che l’autorità del papa non è legata ad un potere temporale e umano”, il gesto di togliersi quel copricapo: Paolo VI desiderava che fosse venduto, e che il ricavato venisse dato ai poveri; la tiara finì invece in un museo, mentre il ricavato fu donato a madre Teresa durante il viaggio apostolico in India.
“Papa Montini abolì inoltre la corte pontificia, riformò la Curia e proseguì nel dialogo con gli ortodossi che era stato inaugurato da Giovanni XXIII”, ha aggiunto il porporato descrivendo i piccoli e grandi gesti che corrispondevano alla profonda ricchezza spirituale di quel pontefice, che lui stesso spiegava in questo modo: “A mia mamma devo il senso del raccoglimento e della preghiera, della preghiera che è meditazione e della meditazione che è preghiera”.
“Si disse che era un papa amletico, indeciso, in realtà, più che dubbio, il suo era una volontà di approfondire”, ricorda il cardinale, “voleva sentire le varie voci, approfondire le ragioni degli altri, allora poi decideva”. “Si rivelò un grande uomo di dialogo, si avvide che la maggior parte delle persone nel mondo non sono cattoliche, per questo l’atteggiamento della Chiesa doveva essere quello di un dialogo rispettoso e di annuncio dell’amore”.
“Ricco di spiritualità, acuto nelle analisi, geniale nel trovare soluzioni, sensibile alle attese degli uomini dell’epoca”, a lui va il merito di aver guidato il Concilio Vaticano II con mano ferma, di essersi poi impegnato nella sua applicazione: “è quasi sovrumano il modo con cui Paolo VI ha guidato il Concilio”, disse in un’occasione Benedetto XVI. Per papa Francesco si è rivelato “la luce della sua giovinezza”, papa Luciani nell’omelia per il suo funerale affermò che “l’eredità di Paolo VI non doveva rimanere chiusa nella sua tomba”; Giovanni Paolo II, infine, disse di lui: “è stato il mio vero padre”, “un grande dono alla Chiesa, ma anche un grande dono per l’umanità”.
Infatti papa Montini passerà alla storia anche come uomo di cultura, che apprezzò le scoperte del proprio tempo; e che non fosse un papa ‘triste’ lo testimonia anche l’immagine dell’arazzo che verrà collocato in piazza san Pietro la prossima domenica della beatificazione: “Abbiamo voluto rompere la logica del ‘mezzo busto’”, ha dichiarato il vice postulatore, padre Antonio Marrazzo. Il pontefice è ritratto in piedi, a figura intera su uno sfondo di sampietrini, “per dare l’immagine di un pastore che ha guidato la Chiesa sulle strade del mondo”. “La gestualità di Paolo VI”, gioioso, a braccia spalancate, “richiama all’incontro, all’accoglienza e al dialogo”.
“Noi non beatifichiamo un papa, noi beatifichiamo Montini nella sua intera persona, non un ruolo, ma un modello di vita cristiana vivibile per tutti”, ha tenuto a specificare il postulatore, che ha raccontato infine il miracolo con il quale nel 2001, grazie all’intercessione del prossimo Beato, è avvenuta negli Stati Uniti la guarigione inspiegabile di un feto, “una vita che ancora non era sbocciata nella storia”: oggi quel feto ha tredici anni e non ha mai avuto problemi di salute fin dalla nascita.
Un miracolo che rispecchia l’attenzione di tutto il pontificato di Montini verso i più deboli se si pensa che furono queste le ultime parole profetiche dell’omelia che fece prima di morire: “In questo impegno offerto e sofferto di magistero a servizio e a difesa della verità, noi consideriamo imprescindibile la difesa della vita umana. Il Concilio Vaticano II ha ricordato con parole gravissime che «Dio padrone della Vita, ha affidato agli uomini l’altissima missione di proteggere la vita»! E noi, che riteniamo nostra precisa consegna l’assoluta fedeltà agli insegnamenti del Concilio medesimo, abbiamo fatto programma del nostro pontificato la difesa della vita, in tutte le forme in cui essa può esser minacciata, turbata o addirittura soppressa”.
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