Crescono nel mondo i numeri relativi al fenomeno del traffico di organi. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità un quinto dei 70mila reni trapiantati ogni anno (cioè il 20%) è procurato in modo illegale nei Paesi del Terzo Mondo, soprattutto in Africa, ormai il maggiore fornitore di un business che coinvolge 50 nazioni. Data la clandestinità del fenomeno, però, è difficile avere dati precisi. Una pratica, quella del traffico illecito di organi, che va di pari passo con la tratta degli esseri umani. Secondo una recente inchiesta dell’agenzia Ansa, intitolata “Africa take away” (www.ansa.it/sito/notizie/magazine/numeri/2014/10/10/africa-take-away) non è da escludere che tra i “donatori” vi siano anche migranti che sbarcano sulle coste europee. Secondo l’agenzia, infatti, i richiedenti sarebbero disposti a sborsare fino a 200mila dollari per pagare tutto il gruppo di persone legate al traffico nel caso in cui il donatore sia un uomo tra i 20 e i 30 anni. Facoltosi malati provenienti dai Paesi occidentali; donatori poveri che non esitano a cedere un proprio rene per denaro; chirurghi disposti a violare leggi e regole fondamentali della deontologia; intermediari senza scrupoli che hanno legami con la malavita. Sarebbe lunga – stando alla denuncia – la filiera di persone coinvolte in questo crimine. Ne abbiamo parlato conAlessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale Trapianti.
Da alcune inchieste emergerebbe che il traffico clandestino di organi sarebbe in aumento. Ci sono riscontri anche nel nostro Paese?
“Il sistema trapianti italiano è un sistema controllato: monitoriamo costantemente le liste di attesa per il rene allo scopo di verificare i motivi per cui i pazienti escono dalla lista. Nel caso in cui l’organo ricevuto da un paziente non risulti ‘tracciato’ dal nostro sistema, ossia non sia chiaro da dove provenga, immediatamente scatterebbe un sistema di allerta. Ciò detto sappiamo che il nostro Paese è spesso un territorio di ‘passaggio’ per molte persone che, in condizioni disperate, scappano dai loro Paesi e non possiamo escludere che i trafficanti di uomini intercettino e sfruttino altrove queste situazioni”.
E quali sono i Paesi maggiormente coinvolti?
“Il traffico di organi vede lo sfruttamento di persone ‘deboli’ (rifugiati, poveri, ecc.) che cadono in mano a profittatori e trafficanti che li mettono in contatto con pazienti facoltosi e disposti a pagare per un organo. Questi fenomeni attecchiscono in quei Paesi dove manca un sistema di donazione da cadavere e dove mancano controlli adeguati. Tra le zone più a rischio vi sono l’Est asiatico, il Sud America, ma anche il Medio Oriente e alcune aree dell’Africa sono realtà soggette a questi fenomeni”.
Ci sono delle iniziative a livello internazionale tese a stroncare questo crimine?
“La comunità europea e mondiale dei trapianti è impegnata da tempo a mettere in atto politiche di contrasto verso queste forme di commercializzazione. Proprio in questo periodo si avverte un particolare allarme in questa materia e in ragione di ciò occorre rafforzare l’attenzione. È per questo motivo che il 19 settembre autorevoli esperti e rappresentanti delle più importanti organizzazioni nel campo trapiantologico hanno incontrato Papa Francesco per chiedere una presa di posizione dura nei confronti di questo fenomeno. Un importante strumento di cui disporranno gli Stati è la nuova Convenzione sul traffico d’organi del Consiglio d’Europa che dispone di strumenti legislativi per controllare a livello nazionale e internazionale il traffico all’interno dei propri confini nazionali, chiedendo agli Stati membri che la ratificano di inserire nelle proprie leggi il concetto di atto criminale quando viene eseguito il prelievo senza un libero, informato e specifico consenso del donatore vivente o cadavere, o nel caso in cui la donazione da cadavere non sia stata autorizzata secondo quanto previsto dalla legge nazionale”.
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