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Mozambico, il Frelimo vince ancora ma perde consensi

Da Maputo di Davide Maggiore
“Abbiamo un presidente!”. Non ha aspettato neanche la pubblicazione dei risultati definitivi, il quotidiano mozambicano “Noticias” – vicino al Frente de Libertaçao de Moçambique, partito di governo – per emettere il suo verdetto sulle elezioni generali del 15 ottobre scorso. Del resto, anche ora che i dati noti restano quelli di un terzo dello spoglio, non c’è dubbio su chi sarà il nuovo capo di Stato: l’ormai ex ministro della Difesa Filipe Nyussi, candidato del Frelimo. I risultati provvisori diffusi dalla commissione nazionale elettorale (Cne) lo accreditano del 61,67% dei voti. Quasi 15 punti in meno del suo predecessore Armando Guebuza nel 2009, ma il doppio del suo avversario più vicino, l’ex leader ribelle Afonso Dhlakama, della Resistencia nacional moçambicana (Renamo), fermo al 30,89%. Quasi trascurabile, poi, a paragone di quella del vincitore annunciato, è la percentuale raggiunta da Daviz Simango, sindaco di Beira – seconda città mozambicana – e fondatore del Movimento democratico de Moçambique (Mdm). L’uomo che molti avevano indicato come la possibile sorpresa del voto ha ottenuto finora appena il 7,44% dei voti, meno di cinque anni fa.
Proteste dell’opposizione. Eppure proprio a Beira, il giorno delle consultazioni, la voglia di partecipazione era evidente, le scuole riadattate a seggi affollate fin dalla mattina: in alcune i banchi e le sedie erano stati portati fuori dalle classi, per far sedere chi aspettava, anche da molte ore. “La gente ha cominciato a mettersi in fila dalle cinque”, ben prima dell’apertura ufficiale, dicevano a Maquinino, area poco distante dal centro, ma in città la scena è stata più o meno la stessa ovunque. Lunghe file, o folle in attesa nei cortili degli edifici dove si votava. Molti i ragazzi: “Hanno voglia di cambiamento”, spiegava un cittadino nel quartiere di Pioneiros, anche lui convinto dai numeri dei comizi che quelli sarebbero stati altrettanti voti per Simango. Il grande sconfitto del 15 ottobre ha parlato, nei giorni successivi, di “un processo elettorale viziato” da “violenze che non sarebbero accettate in nessun Paese del mondo”. Anche la Renamo, nonostante il risultato migliore delle previsioni (e di cinque anni fa, quando si era fermata poco oltre il 16%), aveva parlato di brogli, reclamato la vittoria e annunciato che non avrebbe riconosciuto i risultati. Già sabato sera, però, Dhlakama in persona ha fatto parzialmente marcia indietro. Continuava a sostenere che le elezioni fossero state “un teatro di burattini”, ma allo stesso tempo si è dichiarato disposto a “un dialogo con i fratelli del governo del Mozambico”, per costruire quella che ha definito “una vera democrazia”. Escluso, soprattutto, qualsiasi ricorso alle armi, che qualcuno era arrivato a temere. “Dhlakama ha capito di aver ottenuto il massimo possibile”, commentavano nelle stesse ore fonti del Sir, dopo che anche gli osservatori internazionali avevano confermato il giudizio sostanzialmente positivo sulle consultazioni. “Ben condotte” e “calme” nella maggior parte dei casi, le aveva definite nel suo comunicato la missione d’osservazione dell’Unione europea, pur riconoscendo che la campagne elettorale era stata “sbilanciata” a favore del governo. Le votazioni sono state “aperte e trasparenti” anche secondo l’Unione africana.
Gli incaricati internazionali però erano pochi: 600 in tutto, a cui se ne aggiungono alcune migliaia locali. Le sezioni elettorali aperte, invece, più di 17mila. Abbastanza per far pensare, alla vigilia del voto, che sarebbe stato difficile monitorare anche le operazioni nelle zone rurali delle regioni più remote. I timori nei confronti del partito di governo, diffusi sia tra i sostenitori della Renamo che nell’MdM di Simango, in più, hanno avuto anche qualche riflesso sull’ordine pubblico. “A Munhava la notte dopo le elezioni non si è dormito”, raccontano abitanti del quartiere popolare protagonista di disordini anche durante le ultime elezioni municipali. Diversi abitanti sono rimasti svegli nei pressi dei seggi, nel timore che i risultati del voto fossero alterati scambiando le urne. “C’era un piano del governo”, sostiene ancora convinto qualcuno. A Beira la popolazione resta tranquilla, ma l’atmosfera è ormai completamente diversa da quella su cui si era aperto il 15 ottobre, che tutti avevano sperato fosse una giornata di “festa”: un desiderio avveratosi solo a metà.
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