RIPATRANSONE – La nostra testata ha avuto il grande onore d’intervistare uno dei più grandi personaggi del nostro Paese, figlio di uno dei più grandi esponenti che ha combattuto contro le mafie e contro la criminalità. Il personaggio è Nando Dalla Chiesa che ha presenziato a Ripatransone nella serata del 18 ottobre per presentare le sue ultime fatiche letterarie. Lo abbiamo intervistato, ecco le sue parole.
Non tutti sanno che Suo padre nel 1943 è stato al comando della caserma dei Carabinieri di San Benedetto, che rapporto ha con il Piceno?
“San Benedetto è rimasta nella nostra memoria perché mio padre ne parlava spesso, perché ci portò anche una volta qui a vedere i posti e a farci conoscere i suoi amici di allora. Naturalmente io ero ragazzino, non capivo molto, capivo che erano suoi amici veri, che c’era affezionato. Ci portò anche a conoscere le due signore che lo avevano ospitato in pensione. E rimasto ancora un grande rapporto affettivo”.
Nell’incontro ripano, ha presentato “I fiori dell’oleandro” e “manifesto dell’antimafia”. Per quanto riguarda questo primo testo, dedicato alle donne che hanno fatto grande l’Italia, c’e n’è una che Le ha colpito maggiormente?
“Forse quelle con cui inizio, ce ne sono tante che mi hanno catturato e mi hanno affascinato. Ma soprattutto mi ha riempito d’ammirazione la figura di Romana (nome esteso Romana Blasotti Pavesi, ndr.), la moglie di un operaio che è stato ucciso dall’esalazioni di amianto dell’Eternit, che ha anche avuto più parenti morti di amianto, che ha guidato i familiari nella loro richiesta di giustizia quando le veniva consigliato di non sfidare la multinazionale perché avrebbe sicuramente perso. Invece questa battaglia l’ha vinta, andando in un’udienza in pullman con altri familiari a Torino. L’ho trovata una persona grandissima, molto umile, molto decisa”.
“Manifesto dell’antimafia” è la sua seconda opera che ha presentato. Un testo rappresentato da sei capitoli, invero c’è un riferimento molto importante in questo testo nei confronti della Chiesa, può spiegare cosa scrive in tale fattispecie?
“La Chiesa ha cambiato il suo ruolo, da ruolo silente e assente di tanto tempo è passata al ruolo di protagonista. Ha avuto martiri nella lotta contro la mafia, ha saputo dire parole dove magari le autorità civili non riuscivano a dirle, svolge una funzione importante di educazione in tante parrocchie. E non posso non ricordare per esempio qual è il ruolo e la vicinanza che ha il mondo dello scoutismo all’esperienza di Libera, quindi ci sono tanti modi in cui sa partecipare“.
Ha citato Libera, Lei è presidente onorario di questa importantissima organizzazione che lotta contro le mafie con grande incisività. C’è un traguardo cui sente particolarmente circa l’operato di Libera?
“Credo che ce ne sono due che devono essere ricordati: la capacità di Libera di dare una memoria a tutti coloro che sono stati uccisi dalle mafie, perché questa memoria prima non c’era. E’ stata un’operazione culturalmente e moralmente fondamentale e poi la grande battaglia per i beni confiscati. Queste sono le due cose che io riconosco con ammirazione a Don Luigi Ciotti perché sono frutto della sua volontà, del suo impegno, della sua capacità di sfidare sia le convenzioni mentali, sia le intimidazioni materiali”.
Per concludere, abbiamo iniziato questa bellissima intervista con Suo padre, con il rapporto con San Benedetto. Quali insegnamenti ha avuto in eredità da Suo padre?
“Ne dico uno soprattutto che è il senso delle istituzioni. Le istituzioni vanno messe al di sopra di ogni interesse di parte, di partito, di corporazione, personale e devono essere servite e non bisogna servirsene, se non per fare il bene degli altri”.
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