Non si sa precisamente a che ora, ma a un certo punto il postino suonerà al campanello di Palazzo Chigi per consegnare una lettera spedita da Bruxelles. Nella quale, ancora una volta, la Commissione europea chiederà chiarimenti (alias, tirerà le orecchie) all’Italia, rea di avere i conti (la Legge di stabilità) un poco sballati rispetto alle regole dell’Eurozona e della buona amministrazione ragionieristica.
È altresì ovvio che in questi stessi frangenti è in atto un braccio di ferro tra Bruxelles e alcune capitali inerente i dati contabili: certamente Roma, Parigi, Berlino. Ma anche Vienna, La Valletta e Lubiana sono nel mirino dell’Esecutivo Barroso.
Il quale – non va dimenticato questo delicato passaggio istituzionale – terminerà il suo mandato il 31 ottobre, due giorni dopo aver dato il proprio giudizio finale sui bilanci statali, con eventuali richieste di correzioni.
Ieri il nuovo presidente della Commissione Juncker, che assumerà i poteri ufficialmente il 1° novembre, incontrando i giornalisti a Strasburgo ha detto, parola più parola meno, che “ciò che farà la Commissione Barroso non potrà che essere concordato con me” e che “non c’è una Commissione Barroso e una Commissione Juncker, ma un’unica Commissione”. Tradotto dallo “junckerese”, Barroso andrà coi piedi di piombo, altrimenti i grattacapi politico-diplomatici che si verranno a creare si riverseranno sul prossimo Esecutivo, il quale si prefigge sicuramente di tenere sotto controlli i bilanci nazionali (Juncker lo ha ribadito più volte e con forza), ma le cui priorità ora sembrano un poco mutate: si marcia verso un piano di investimenti da 300 miliardi per rilanciare la crescita, con un mix di investimenti pubblici e privati, il tutto per ridar fiato all’economia reale e creare posti di lavoro. “L’occupazione è il nostro primo impegno”, ha scandito Juncker a Strasburgo, sapendo di giocarsi la credibilità.
Dunque la faccenda delle lettere e dei richiami va oltre gli “zero virgola” del deficit e le correzioni strutturali di bilancio, che comunque restano un obbligo in capo ai governi, a partire da quello italiano.
Del resto si svolge oggi e domani a Bruxelles un Consiglio europeo che ha all’ordine del giorno anche altri temi di rilievo, fra cui la politica climatica ed energetica e la bollente situazione internazionale (Ucraina, Isis, terrorismo…). Se la Commissione mettesse sotto i riflettori alcuni governi, di fatto trasformerebbe il vertice brussellese in una sorta di tribunale contabile, con alla sbarra due pesi massimi come l’Italia – che è pure presidente di turno del Consiglio dei ministri dell’Unione – e la Francia.
Per tutte queste ragioni è possibile che Merkel, Juncker e lo stesso commissario agli affari economici Katainen stiamo insistendo con Barroso almeno per ammorbidire i toni della missiva. “Adelante, Manuel, con juicio”.
Ps: Infine il postino ha suonato, quasi all’ora di pranzo, ma al ministero dell’Economia, a Roma. E ha consegnato la lettera, scritta ieri sera e firmata di suo pugno dal commissario europeo Jyrki Katainen, indirizzata al ministro Pier Carlo Padoan. La Commissione Ue imputa una “deviazione significativa” dagli obiettivi di bilancio 2015 e domanda “come l’Italia potrebbe garantire il pieno rispetto dei suoi obblighi di politica finanziaria”. Il ministero parla invece di una “deviazione temporanea dal percorso di raggiungimento dell’obiettivo di medio termine”. Il Governo italiano replica che “risponderà alla richiesta di chiarimento entro domani”. Alla prossima mossa…
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