SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Venerdì 24 ottobre alle ore 21.15 nel teatro della parrocchia San Filippo Neri, il vescovo diocesano Mons. Carlo Bresciani ha tracciato il profilo umano, spirituale e culturale del neo-beato Paolo VI.
Mons. Bresciani ha risposto alle domande di Luigi Mattioli, responsabile diocesano del Rinnovamento nello Spirito, seguendo un percorso di tipo storico e soffermandosi in modo particolare sulla formazione, sul servizio prestato presso la Segreteria di Stato, sull’esperienza di pastore nella diocesi ambrosiana e, infine, sul pontificato di Montini.
Mons. Bresciani ha arricchito la sua presentazione con alcune letture tratte dal volume “Paolo VI. Una biografia” edito dall’Istituto Paolo VI e con molti aneddoti che hanno contribuito a far conoscere in modo ancora più approfondito la statura di Paolo VI.
Mons. Bresciani ha esordito raccontando ciò che gli ha detto Papa Francesco durante un incontro avvenuto nello scorso maggio. Il Santo Padre gli ha confidato di non sapere se presiedere la cerimonia di beatificazione con la casula bianca oppure con quella rossa, usata per onorare i martiri.
Sì perché nella vita di Montini non sono mancate grandi sofferenze sia prima sia, soprattuto, durante il Pontificato. Infatti Paolo VI si è trovato a guidare la Chiesa in un momento molto delicato della storia: sul versante intraecclesiale portò a termine il Concilio e dovette gestire tutte le sfide del post-concilio, mentre, su quello extraecclesiale, si trovò nel bel mezzo della rivoluzione del ’68 e negli ultimi anni della sua vita assistette alla morte del suo amico Aldo Moro per mano delle Brigate Rosse.
Ma soprattuto egli versò il sangue per Cristo. Infatti, durante il viaggio a Manila, il 28 novembre 1970, Benjamin Mendoza, un pittore boliviano, tentò di uccidere il Papa ferendolo in modo molto grave al costato con un pugnale. Nonostante la ferita riportata fosse importante, il Papa proseguì il suo viaggio apostolico senza stravolgere affatto il programma e questo perché – ha ricordato Mons. Bresciani – era caratteristico del suo tratto umano non far pesare sugli altri le proprie sofferenze.
La maglietta insanguinata che il Pontefice indossava quel giorno è stata esposta sull’altare in Piazza San Pietro, durante la cerimonia di beatificazione, segno di quel martirio di cui il Papa ha parlato a Mons. Bresciani.
Mons. Bresciani ha poi evidenziato come Papa Montini abbia segnato il percorso che la Chiesa avrebbe compiuto negli anni successivi. Paolo VI, infatti, è stato il primo Papa che è tornato nella Terra di Gesù, il primo Papa che ha viaggiato in tutti e cinque i continenti, il primo Papa che ha parlato davanti all’assemblea dell’ONU. Sulle sue orme si sono mossi poi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Secondo Mons. Bresciani, anche Papa Francesco sta seguendo il solco di Paolo VI. Il Papa venuto dalla fine del mondo, non solo si richiama costantemente al magistero montiniano, ma vive in uno stile di povertà che fu caratteristico anche di Paolo VI il quale, ad esempio, fu l’ultimo Papa ad indossare la tiara: egli infatti, dopo essere stato incoronato, vendette la preziosa corona e destinò il ricavato in favore dei poveri. Con lo stesso spirito e al fine di mostrare il principale carattere di servizio del ministero petrino, abolì la corte pontificia che faceva sembrare il Papa più un principe mondano che il Vicario di Gesù Cristo.
Questa sobrietà – ha proseguito Mons. Bresciani – ha contraddistinto la figura di Montini già quando era arcivescovo di Milano. Non aveva un portafoglio e non portava con sé del denaro. Un giorno si trovò con altri prelati a fare una colletta. Non avendo neppure una moneta da donare, con molta discrezione e senza farsi notare da quelli che gli stavano intorno, depose nella raccolta il proprio anello episcopale.
In conclusione Mons. Bresciani ha ricordato come il più grande dramma vissuto da Paolo VI fu quello di non essere capito da quel mondo col quale, in ogni modo, si sforzò di dialogare.