Sale la tensione a Gerusalemme dove il rabbino Yehuda Glick, noto attivista dell’ultradestra è stato ferito gravemente, nella tarda serata di ieri, in un agguato a colpi di arma da fuoco compiuto da un uomo vestito da motociclista. L’episodio è avvenuto nella zona ovest della Città santa dopo che Glick aveva partecipato con altri oratori – inclusi deputati della destra nazionalista ed esponenti del governo Netanyahu – a un dibattito sulle rivendicazioni ebraiche riguardo al Monte del Tempio, o Spianata delle Moschee, luogo sacro per i musulmani. Glick, 50 anni, origini americane, in passato era stato al centro di ripetute controversie per aver condotto proprio sulla Spianata delle Moschee coloni e attivisti ebrei in raid visti come provocazioni dai palestinesi. Le indagini, condotte subito dopo l’agguato, hanno portato unità speciali israeliane a fare irruzione stamane nella casa del presunto killer, militante della Jihad islamica, Muataz Hijazi, che è stato ucciso nel tentativo di sfuggire all’arresto. Secondo l’agenzia di stampa palestinese Maan, Hijazi sarebbe morto dissanguato dopo essere stato lasciato a lungo sul terreno. Giovani che volevano prestargli soccorso sono stati dispersi dalla polizia.
Il clima si è fatto ancora più teso quando oggi il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha ordinato la chiusura ad oltranza per musulmani e ebrei della Spianata. Una decisione che rischia di far degenerare le proteste sia da parte palestinese che da quella israeliana. Si temono, infatti, atti di ritorsione di ebrei di destra per l’attacco al rabbino. A denunciare con vigore la chiusura della Spianata delle Moschee è stato il presidente palestinese Abu Mazen, che per bocca del suo portavoce, Nabil Abu Rudeina, ha invocato un intervento internazionale “per mettere fine all’aggressione israeliana. La decisione di chiudere per la prima volta la Spianata delle moschee è una dichiarazione di guerra da parte di Israele contro il popolo palestinese; è una sfida sfrontata e un comportamento pericoloso che causerà più tensione e instabilità. Lo Stato di Palestina prenderà tutte le misure legali necessarie perché Israele risponda di questa decisione e metta fine a queste ripetute aggressioni”. Non meno dure le parole del premier israeliano Netanyahu per il quale “dietro le violenze a Gerusalemme Est c’è una ondata di incitamento da parte di elementi islamici radicali e del presidente dell’Anp Abu Mazen che ha dichiarato che occorre impedire con tutti i mezzi agli ebrei di entrare nel Monte del Tempio”. Netanyahu, inoltre, ha fatto affluire a Gerusalemme Est rinforzi di agenti di polizia e si è impegnato riportare la sicurezza in città e “a garantire lo status quo nei Luoghi Santi”.
“Per i pellegrini non c’è nessun pericolo – rassicura dalla Città santa padre Pietro Felet, segretario generale dell’Assemblea degli Ordinari cattolici di Terra Santa (Aocts) – le tensioni sono circoscritte solo ad alcune zone di Gerusalemme Est. I Santuari della città sono in queste ore visitati da tantissimi pellegrini e in tutta sicurezza”. Tuttavia, aggiunge il sacerdote, “prudenza impone di evitare le zone circostanti il Muro del Pianto e quindi la Spianata delle Moschee, il cui ingresso è chiuso. Particolare attenzione va prestata domani, giorno di preghiera per i musulmani e sabato, la festa del riposo per gli ebrei”. “In città si notano elicotteri e auto delle Forze di polizia che vigilano, la situazione appare tranquilla. Come ripeto, la tensione si sente soprattutto in alcuni sobborghi arabi” come Silwan e Abu Tur. Per padre Felet all’origine delle tensioni, “che non sono solo un fatto di questi giorni ma sono state alimentate da una lunga serie di violenze”, come il recente attacco alla metropolitana che è costato la vita ad una neonata e ad una donna, oltre che all’attentatore, un palestinese di 21 anni, “è la crescente ebraicizzazione di Gerusalemme Est”. “Un fenomeno in atto da tempo ma che si sta intensificando” ammette il Segretario dell’Aocts. In questa direzione punta, infatti, l’ordine di Netanyahu di accelerare i piani per la costruzione di 1060 nuove case a Gerusalemme Est, necessarie ad ampliare gli insediamenti di Ramat Shlomo e di Har Homa. Come se non bastasse dal mese prossimo i palestinesi che vengono a lavorare in Israele non potranno più prendere gli stessi bus degli israeliani e per questo motivo destinati a percorrere tragitti più lunghi del solito. Non bastano, almeno per ora, le parole concilianti del presidente israeliano Reuven Rivlin che il 26 ottobre scorso, partecipando per la prima volta nella storia dello Stato, al ricordo del “massacro di Kafr Oassem”, (29 ottobre 1956) nel quale 47 civili arabi israeliani furono uccisi dalla polizia israeliana per far rispettare un coprifuoco vicino a Tel Aviv ha dichiarato: “so che alcuni arabi israeliani s’identificano con le sofferenze dei palestinesi e che essi subiscono razzismo in Israele. Chiedo a tutti gli arabi israeliani di parlare contro la violenza e il terrorismo”.