Nel frattempo, però, occorre tornare a misurare le parole. A contenere i giudizi sferzanti. A contare sino a dieci prima di avventarsi sull’avversario di turno. Anche perché il mondo nuovo non si costruisce solo con le narrazioni e tanto meno con la demonizzazione di chi viene dal passato. Lo scontro tra il nuovo e il vecchio deve rimanere dentro le righe della dialettica democratica. Anche aspra, ma sempre rispettosa.
Detto questo, che non farà felice nessuna delle parti in causa (governo e sindacati), veniamo alle vertenze sul lavoro, alle proteste sindacali e alla gestione della piazza. Difficile attribuire torti e ragioni dopo quello che ha accaduto a Roma, con otto feriti fra gli operai e i poliziotti. Non ci spetta. Ma ricordiamo le parole di un vecchio poliziotto: “L’ordine pubblico è una brutta bestia”. E lo diceva con l’aria di chi aveva fronteggiato con il manganello le più dure manifestazioni operaie. Ecco, cominciamo col non parteggiare e prendiamo in carico le sofferenze di tutti. Nessuno ci convincerà che i poliziotti amano picchiare e che gli operai sono per natura violenti. Non c’è bisogno di scomodare Pierpaolo Pasolini, per sapere che sono tutti figli del popolo e spesso vengono dalle stesse periferie dove abitano gli uni affianco agli altri.
Cominciamo col portare rispetto a tutti gli uomini e le donne delle nostre periferie. Dietro ogni casco giallo (operaio) e blu (poliziotto) ci sono uomini e donne che fanno fatica a vivere. Meritano il rispetto di tutti. Meritano la prudenza delle parole e la generosità dei gesti di chi governa e ha responsabilità, ad ogni livello. Meritano la rinuncia al cinismo della demagogia di chi li rappresenta.
Disarmare i manganelli può non bastare se si continuano ad armare le parole.