Forse questo crepuscolo del 2014, settimo anno di una recessione infinita, ci sta mostrando plasticamente i rischi che davvero corriamo. Il disagio sociale per mancanza di lavoro sta raggiungendo un punto pericolosissimo. I più pessimisti direbbero di non ritorno, ma noi siamo convinti che il Paese abbia ancora tutte le risorse, morali prim’ancora che materiali, per tirarsi fuori dalla crisi infinita.
Nel frattempo, però, occorre tornare a misurare le parole. A contenere i giudizi sferzanti. A contare sino a dieci prima di avventarsi sull’avversario di turno. Anche perché il mondo nuovo non si costruisce solo con le narrazioni e tanto meno con la demonizzazione di chi viene dal passato. Lo scontro tra il nuovo e il vecchio deve rimanere dentro le righe della dialettica democratica. Anche aspra, ma sempre rispettosa.
Detto questo, che non farà felice nessuna delle parti in causa (governo e sindacati), veniamo alle vertenze sul lavoro, alle proteste sindacali e alla gestione della piazza. Difficile attribuire torti e ragioni dopo quello che ha accaduto a Roma, con otto feriti fra gli operai e i poliziotti. Non ci spetta. Ma ricordiamo le parole di un vecchio poliziotto: “L’ordine pubblico è una brutta bestia”. E lo diceva con l’aria di chi aveva fronteggiato con il manganello le più dure manifestazioni operaie. Ecco, cominciamo col non parteggiare e prendiamo in carico le sofferenze di tutti. Nessuno ci convincerà che i poliziotti amano picchiare e che gli operai sono per natura violenti. Non c’è bisogno di scomodare Pierpaolo Pasolini, per sapere che sono tutti figli del popolo e spesso vengono dalle stesse periferie dove abitano gli uni affianco agli altri.
Cominciamo col portare rispetto a tutti gli uomini e le donne delle nostre periferie. Dietro ogni casco giallo (operaio) e blu (poliziotto) ci sono uomini e donne che fanno fatica a vivere. Meritano il rispetto di tutti. Meritano la prudenza delle parole e la generosità dei gesti di chi governa e ha responsabilità, ad ogni livello. Meritano la rinuncia al cinismo della demagogia di chi li rappresenta.
Disarmare i manganelli può non bastare se si continuano ad armare le parole.