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Bagnasco ai cristiani di Gaza: “Parlerò di voi a Papa Francesco”

Di Daniele Rocchi

“Siamo grati per l’accoglienza che ci hanno riservato tutti, a cominciare dal Patriarca Twal e dalla gente di Gaza. Riporto con me l’amarezza per ciò che abbiamo visto, ovvero una città distrutta almeno per un terzo. Ma anche una grande ammirazione per una popolazione che con fierezza reagisce positivamente perché vuole ricostruirsi, vuole continuare a vivere”. Con queste parole il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, ha tracciato un bilancio della visita di solidarietà che la presidenza della Cei ha condotto a Gaza e Sderot su invito del patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal. Due giorni intensi, 3 e 4 novembre, che hanno visto il cardinale Bagnasco, con i vicepresidenti l’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, il cardinale arcivescovo di Perugia Angelo Bassetti, e il vescovo di Aversa, monsignor Angelo Spinillo, insieme al segretario generale, monsignor Nunzio Galantino, incontrare in modo particolare la piccola comunità cattolica di Gaza, poco meno di 150 fedeli, esigua minoranza rispetto all’1,5 milioni di abitanti della Striscia, tutti musulmani. Una chiesa piccola ma viva, fiera nella sua appartenenza e identità come testimoniato dal suo parroco, il religioso argentino padre Jorge Hernandez. “Sono rimasto colpito da questa gente che nonostante guerre e conflitti non si piega e continua a volere costruire il proprio domani – ha aggiunto il cardinale Bagnasco -. Un domani possibile perché si fonda sulla presenza di moltissimi bambini e giovani. L’80% dei gazawi sono giovani sotto i 25 anni e ciò rappresenta una grande ricchezza per il futuro. Come Chiesa italiana continueremo a lavorare per opere di solidarietà concreta, oltre che con la vicinanza spirituale e la preghiera. Ma soprattutto dobbiamo mantenere viva la memoria della fede forte e serena di questa comunità che abbiamo incontrato”. A colpire i fedeli della parrocchia della Sacra Famiglia sono state alcune parole che il cardinale ha loro rivolto alla fine dell’incontro: “Tocca a voi cristiani tenere viva la speranza di pace in questa terra, unica medicina che potrà lenire le ferite del vostro popolo. Tocca a voi cristiani!”. “Racconterò di questo incontro a Papa Francesco giovedì prossimo!” ha poi aggiunto a sorpresa, scatenando un lungo applauso e qualche lacrima nei fedeli che affollavano la piccola sala parrocchiale.

Stamattina, prima di ripartire per l’Italia, la delegazione Cei, insieme al patriarca latino Twal, si è recata nella vicina cittadina israeliana di Sderot, forse quella che maggiormente ha sofferto il lancio di razzi di Hamas dalla Striscia di Gaza, ben 4600 solo nel conflitto scoppiato nell’estate appena trascorsa. Il suono delle sirene di allarme è ancora vivo tra gli abitanti come confermato da Omer Egozi, direttore dello Sviluppo e Risorse dell’Israel Trauma Coalition, ong che si occupa di trattare i casi di traumi di guerra di bambini, giovani e adulti. “Ogni volta che le sirene urlano i cittadini di Sderot hanno solo 15 secondi di tempo per raggiungere il rifugio più vicino, o la safe room di casa, la camera bunker, per restarvi fino al cessato allarme”. Una situazione che sta provocando, ormai da diversi anni, gravi problemi psicologici a bambini, giovani e meno giovani della città dove anche prendere un bus può creare problemi tant’è che le pensiline dei trasporti pubblici altro non sono che piccoli bunker di cemento dove rifugiarsi in caso di emergenza. Dopo la breve visita a Sderot il cardinale Bagnasco, con la delegazione, ha incontrato a Gerusalemme il Console generale di Italia, Davide La Cecilia, con il quale ha parlato della situazione mediorientale e degli sviluppi diplomatici in vista della ripresa – per ora solo auspicata – dei negoziati tra israeliani e palestinesi per un accordo globale di pace.

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