Per il mondo del non profit si riapre il fronte europeo dell’Imu. La Corte di Giustizia del Lussemburgo ha infatti dichiarato ammissibile un ricorso presentato contro la Commissione europea per il modo con cui nel 2012 era stato chiuso il contenzioso con l’Italia sulle esenzioni Ici e Imu, valutando positivamente le novità allora introdotte in materia dal governo Monti. Per fare chiarezza sulla questione – che presenta tempi incerti e verosimilmente non brevi rispetto a una decisione definitiva – abbiamo posto alcune domande a Venerando Marano, ordinario di Diritto ecclesiastico e coordinatore dell’Osservatorio giuridico-legislativo della Conferenza episcopale italiana.
Professore, può precisare i termini della controversia pendente dinanzi alla Corte di Lussemburgo?
“La procedura è legata a due ricorsi per annullamento presentati ai sensi dell’art. 263 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue). I ricorsi vedono come convenuta la Commissione europea, rispetto alla nota decisione della stessa Commissione del 19 dicembre 2012. Tale decisione dichiara incompatibile con il mercato interno, senza peraltro ordinarne il recupero, gli aiuti concessi sulla base dell’esenzione dalla tassa comunale sugli immobili (Ici) a enti non commerciali destinati allo svolgimento di talune attività, e dichiara non costitutivi di aiuti di Stato il trattamento concesso alla Chiesa e ad alcune associazioni sportive tramite l’art. 149 del Testo unico delle imposte sul reddito (Tuir), nonché l’esenzione dall’Imu concessa a taluni enti destinati allo svolgimento di specifiche attività”.
Concretamente, quali sono i soggetti e le attività coinvolte dai ricorsi?
“Sono tutti gli enti non profit che svolgono con modalità non commerciali determinate attività previste dalla legge. Il carattere non commerciale dell’attività deriva dalla rispondenza a rigorosi criteri fissati dalla legge. I principi sono chiari e orientati ad evitare sia forme di esenzione indebita sia gravami fiscali non dovuti che potrebbero incidere negativamente su attività di forte rilievo sociale”.
In questo quadro, qual è la condizione degli enti ecclesiastici? Quale la posizione della Chiesa?
“Secondo il diritto vigente, per le attività degli enti ecclesiastici diverse da quelle di religione o di culto – istruzione, sanità o altro – occorre verificare in concreto se il tipo di attività e le modalità con le quali viene svolta rientrano nelle previsioni della normativa introdotta dal governo Monti. La tesi secondo cui tale normativa non risulta in linea con la legislazione dell’Unione europea suscita riserve ma dovrà essere valutata con molta ponderazione. In linea più generale, l’esigenza di fare chiarezza ed evitare abusi deve coniugarsi alla necessità di evitare letture ideologiche e fuorvianti e alla consapevolezza del grande valore sociale di talune attività. In tal senso risulta chiaramente orientata la posizione della Chiesa riguardo ai suoi enti, che, come è stato ricordato a suo tempo dal presidente della Cei cardinale Bagnasco e oggi nuovamente dal Segretario generale mons. Galantino, pagano già l’Imu dovuta per tutte le realtà commerciali”.