Nuove regole, ma anche formazione delle forze di polizia. A partire dai nuovi agenti, ma pure per quanti sono già sulla strada, affinché abbandonino modalità d’azione pericolose, per loro e per chi sta di fronte. È il pensiero di Luigi Manconi, senatore e presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani di Palazzo Madama, che commenta i recenti episodi di cronaca – dal caso Cucchi agli scontri con la polizia durante la manifestazione a Roma dei lavoratori delle acciaierie Ast di Terni – e l’annuncio di “nuove regole d’ingaggio” per gli agenti di polizia.
C’è, a suo avviso, un problema di “regole d’ingaggio” o di come queste regole vengono applicate dalle forze dell’ordine?
“Ritengo che il vero, enorme problema sia la formazione degli appartenenti alle forze di polizia. C’è un deficit pauroso di preparazione professionale in situazioni che vanno dal controllo del territorio al contenimento di manifestazioni pacifiche, fino alla repressione di manifestazioni non pacifiche”.
Da cosa lo desume?
“In numerose circostanze, ad esempio, viene attuata una modalità di fermo altamente pericolosa, che non raramente porta alla morte del fermato. Questa è la metodica dell’operazione: la persona viene gettata con la faccia a terra, le braccia portate dietro la schiena, i polsi ammanettati e poi un numero variabile di operatori grava sul suo corpo per immobilizzarlo. In non pochi casi abbiamo una compressione toracica che conduce alla morte per asfissia. Questa modalità, recentemente, è stata letale per Riccardo Magherini, Michele Ferrulli, Federico Aldrovandi, Riccardo Rasman, Bohli Kayes. Nel gennaio scorso il Comando generale dei carabinieri ha diffuso una circolare interna affinché non si ricorra a questa metodica: evidentemente è stata totalmente ignorata, al punto che dopo pochi mesi Magherini è morto nella stessa posizione”.
Come devono agire, dunque, le forze di polizia?
“Un mese fa sono stato oggetto d’insulti e derisione per aver proposto corsi di formazione alle tecniche della nonviolenza per le forze di polizia. Per non so quale bizzarra e provinciale interpretazione la mia proposta è stata scambiata per una resa e un invito alla capitolazione, quando si tratta dell’esatto contrario! Le tecniche della nonviolenza sono semmai ancora più efficaci: si tratta di metodiche con una storia millenaria e una straordinaria potenza perché consentono di mettere l’aggressore nelle condizioni di non nuocere facendo il minor male possibile a lui ma anche a chi lo vuole contenere. In più, evitandone la morte o le lesioni, mettono al riparo le stesse forze di polizia da conseguenze giudiziarie”.
Al corteo degli operai dell’Ast di Terni, a tal proposito, oltre ai manifestanti sono rimasti feriti anche quattro poliziotti…
“E quale motivo c’era per usare la violenza? Tutti erano disarmati, non avevano neppure i bastoni delle bandiere. Non m’interessa discutere sui filmati della mattinata: la questione è se alcune centinaia di persone possano essere controllate senza fare ricorso alla violenza. Questo oggi è difficile perché c’è una paurosa impreparazione. Quella circostanza particolare che descrivevo per le operazioni di fermo rivela una cattiva formazione, che poi si manifesta anche nelle manifestazioni pacifiche e in quelle non pacifiche: pensiamo al riguardo al G8 di Genova…”.
Si parla di un’“area di rispetto” per evitare gli scontri nelle manifestazioni. Serve o tutto va ricondotto al problema della formazione?
“Entrambe le questioni valgono. Ben venga l’area di rispetto. Ma a monte c’è un problema di formazione culturale e giuridica, che si traduce in un fatto elementare: gli appartenenti alle forze dell’ordine tendono a vivere il manifestante, o comunque chi sta loro di fronte, come un nemico. Mentre non deve essere così. Aggiungo che c’è un problema fondamentale anche nella formazione tecnico-professionale”.
Formazione significa agire sulla prevenzione, per evitare che capitino di nuovo episodi di questo genere…
“Bisogna prendere molto sul serio le questioni di gestione dell’ordine pubblico e di controllo del territorio. Serve, ripeto, una formazione culturale-giuridica ma anche tecnico-professionale. Certo, si tratta di definire nuove regole d’ingaggio: quelle ipotizzate in questi giorni mi sembrano interessanti, come pure sono necessarie altre regole e altri protocolli per dissuadere da atteggiamenti, comportamenti e modalità che si sono rivelati dannosi”.