Di Barbara
I gruppi di preghiera di S. Pio da Pietrelcina di San Benedetto del Tronto: “Madonna del Santissimo Sacramento”, Parrocchia di San Giuseppe e di Centobuchi, Parrocchia “Regina Pacis”, insieme al coordinatore spirituale diocesano Diego Musso hanno organizzato un pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo e a Monte Sant’Angelo per vivere insieme un’intensa giornata di preghiera.
E’ un pellegrinaggio che P. Diego organizza ogni anno, ma si “scende” sempre volentieri perché i pellegrinaggi guidati sono sempre così “particolari”, così “nuovi” e soprattutto così generatori della nostra anima la quale, se non si alimenta, si impoverisce, soffre, si ferma e infine muore.
Il fine dei pellegrinaggi non sta soltanto nella grazia di visitare i luoghi e conoscere la vita di un Santo, quanto attraverso di lui riconciliarsi con Cristo e con la Chiesa.
Si va a venerare S. Pio perché tutti noi vogliamo incontrare Gesù, ma quali sono gli insegnamenti da trarre dalla vita del Santo di Pietrelcina?
E’ necessario imparare ad affidarci alla bontà e alla volontà di Dio; imparare a pregare con semplicità il Signore perché intervenga nella vita delle persone che gli raccomandiamo; imparare l’obbedienza e l’amore verso la Chiesa anche quando ci costa sofferenza; imparare a vivere il nostro essere cristiani nella vocazione che abbiamo ricevuto, giorno dopo giorno, secondo ciò che il Signore ci chiede.
Appena giunti a San Giovanni Rotondo ci cattura l’attenzione l’imponente struttura della Basilica Superiore che, in Italia, per grandezza è la seconda dopo San Pietro.
La Chiesa è di per sé stessa un’opera d’arte: porta la firma dell’architetto Renzo Piano che ha conferito alla nuova Chiesa un grande valore artistico per le scelte architettoniche, innovative ma sempre nel rispetto della simbologia cristiana.
Con l’inizio della Santa Messa ci siamo messi in ascolto della Parola di Dio.
Per San Pio la messa ha un valore “infinito come Gesù”.
Il Celebrante ha parlato dell’importanza e del significato del pellegrinaggio che non puo’ essere confuso con una gita. E’ molto di più.Andare in pellegrinaggio significa piuttosto uscire da noi stessi per andare incontro a Dio là dove Egli si è manifestato, là dove la grazia divina si è mostrata con particolare splendore.
In questo senso l’uomo è sempre in cammino, è alla ricerca della verità e il movimento che si esprime esteriormente si deve unire al cammino verso la trascendenza.
Il messaggio dell’omelia arriva chiaro ai nostri orecchi: non si può essere buoni cristiani se non siamo buoni cittadini del nostro Paese.
Doveri religiosi e civili sono legati tra loro. Gesù ci chiede di essere coerenti nella vita: vuole una lealtà civica verso lo Stato ma soprattutto fedeltà a Dio. Essere buoni cristiani era il motto programmatico di San Pio.
Al termine della celebrazione della Santa Messa ci resta del tempo libero per visitare e pregare nei diversi luoghi del Santuario.
Dopo aver fraternamente condiviso il pranzo ci rechiamo in pullman a Monte Sant’Angelo, a circa mezz’ora da San Giovanni Rotondo.
Monte Sant’Angelo è uno dei luoghi consacrati all’Arcangelo Michele, insieme alla Sacra di San Michele in Val di Susa e Mont Saint Michel in Normandia.
Anche S. Pio è ufficialmente andato una volta al santuario di San Michele, egli stesso dedica a questo avvenimento un accenno nel suo Epistolario.
“Che l’angelo ti accompagni” spesso augurava il Padre al pellegrino in procinto di lasciare il convento. Sul rapporto di S. Pio con gli angeli sono stati scritti diversi libri. Il Padre ha spesso inculcato nell’animo dei suoi numerosi figli spirituali il culto verso l’Arcangelo per poter superare le discordie familiari e per ottenere il trionfo sulle tentazioni del maligno.
Il nome Michele significa “chi è come Dio” (qui ut Deus), cioè colui che agisce per conto di Dio E’ il combattente (raffigurato con la lancia o la spada in mano), colui che ha sconfitto le forze del male vincendo la lotta con Lucifero quando questi si ribellò a Dio.
Visitiamo quindi lo splendido Santuario. Nell’atrio, su una lapide in alto, si legge la seguente epigrafe: “terribilis est locus iste” cioè “questo luogo incute rispetto” ed ancora “Hic domus Dei est et porta coeli” cioè “qui è la casa di Dio e la porta del cielo”.
La frase è tratta da un versetto biblico in cui si ricorda la visione di Giacobbe della scala che saliva al Cielo. Quindi non solo la frase viene scritta sugli ingressi degli edifici religiosi per incutere timore, ma anche e soprattutto per indicare, rimandando alla visione di Giacobbe, che da qui inizia la “scala” (o il “cammino”) che conduce al Cielo.
All’interno del Santuario ci attende una guida che con una esaustiva spiegazione ci descrive minuziosamente la grotta, la sua storia, il suo significato e la sua importanza.
Percorrere la scalinata del Santuario ha significato compiere un percorso introspettivo.
Discendere quella scala fin nelle viscere della terra ci ha fatto ricordare quanto sia duro toccare il fondo del nostro peccato, ma quanto più sia gioioso risalirvi pentiti e purificati, secondo le parole che lo stesso San Michele proferì nella sua prima apparizione del 490: “la caverna è a me sacra … Là dove si spalanca la roccia possono essere perdonati i peccati degli uomini. Quel che sarà qui chiesto nella preghiera sarà esaudito”.
Dopo una lunga fila possiamo finalmente entrare nella chiesa-grotta restando ammirati per la sua bellezza, per l’armonia con cui si fondono gli elementi naturali della grotta con quelli architettonici della Chiesa che vi è costruita a completamento.
Vi è una bellissima statua di San Michele scolpita nel marmo bianco di Carrara e collocata sull’Altare delle Impronte.
Sotto la statua di San Michele posta sull’altare della Grotta è custodito l’altare originale in pietra, dove è impressa un’impronta attribuita all’Arcangelo Michele, segno della sua personale consacrazione e custodia del luogo come è attestato nelle fonti storiche. Qui ognuno di noi ha lasciato una preghiera, un pensiero, un problema ….
Poi riemergiamo dalla Grotta abbandonando l’atmosfera spirituale che si respira in essa e percorriamo qualche vietta di Monte Sant’Angelo comprando dolcetti locali e ricordini.
L’orologio segna le 18,00 ed è ora del rientro. In pullman tutti eravamo stanchi ma ancora capaci di ascoltare alcune testimonianze di fede.
Sicuramente un attimo prima di addormentarci tutti noi a casa abbiamo riassaporato questo viaggio dello spirito, viaggio di trasformazione, di riscatto, di richiesta e di preghiera. Grazie P. Diego!